Estratto dalla raccolta inedita di Annalisa Mercurio "I ritrovati" - con nota di Sergio Daniele Donati

 

"Questo progetto nasce dal fatto che, a pelle, ci sono persone che penso di avere già incontrato, in altri tempi, altre vite, quelle che penso siano anime antiche. 
Sto stilando una lista delle persone che mi hanno dato questa sensazione. 
Vorrei scrivere su ognuno di loro un flash che duri quanto il tempo impiegato a comprendere che fanno parte di coloro che chiamo I RITORNATI".
(Annalisa Mercurio)

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ESTRATTO DALLA RACCOLTA

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M.

Emme
dice di essere barocco.
Ha l’impulso dei vent’anni
e pupille d’altri mondi.
Possiede una parola
per ogni poro di pelle.
A volte sputa lava
che gli scorre nelle vene.
Credo che altrove mi sia stato padre.
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F.

Effe, aveva sempre lo stesso cappello.
Di sera Matera scivolava
ai suoi fianchi e al mattino
lisciava la pelle di tufo.
Cercava di imbottigliare
il canto dell’upupa
per farne un talismano.
L’ho sfiorato una sola volta.
Viaggia spesso nel tempo
rincorso dai gatti.
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Volti

Riconosciuti tra la folla
alcuni dei miei volti, li ho sorpresi
ignorarsi come corpi estranei
in un involucro di carne e occhi.
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K.

Il gatto è tornato molte volte.
Se da vivo possiede nove vite
da morto moltiplichiamo per altrettante.
Devo averlo già incontrato da qualche parte
mi conosce come fossi la sua amante.
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M.

Emme è così sottile che potrebbe 
essere una corda del suo strumento;
l’unico al quale lascia il permesso
di suonare le note basse
che porta aggrovigliate in pancia.
Ha un nodo al polso legato a qualcuno
che potrebbe essere già tornato.

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D.e A.

Che in passato Di e A
fossero un corpo solo
l’ho capito a distanza di tempo.
Qualcuno torna diviso in due
e si innamora(no)
della stessa persona

               – Che non sono io.
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D.

Di in questa vita è nata due volte
e la seconda, ha scelto il suo nome.
Sta lasciando cadere zavorre
Presto, la vedrò volare.
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S.

Esse parla una lingua antica
e pensa sia compito suo
fare giustizia. Muore ogni volta
che una bocca calpesta
i suoi morti. Sono troppi,
e sale il fumo ai suoi occhi.
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L.
Elle è certamente vissuto a cavallo
dei due secoli dello scorso millennio.
Sedevamo nei caffè viennesi sperando
di occupare il tavolo di Flaubert.
Mi ha perduta – di nuovo –
cercando il ricordo di un’altra me.
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D.

Di è la mia ombra libera.
In passato deve aver avuto
l’onore di un corpo animale.
Ha qualcosa che sussurra
e vibra alle mie ossa.

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Io

Nascerò molte altre volte
tra luci di futuri anteriori
troverò nuove acque
mi rifarò embrione e feto
resisterò a tunnel che viaggiano
alla velocità della luce
muterò nella forma e nel canto
nel sangue porterò l’impronta
di quello che sono
e di quello che sono stata.
Confido nell’infinito
e nella memoria delle ossa.

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NOTA BIOBIBLIOGRAFICA

Annalisa Mercurio nasce a Rimini nel 1969. Nel 2000 si trasferisce in Puglia, terra che segna il suo verso, così come lo segnano gesto e corpo. Danzatrice classica e contemporanea, sente la scrittura come estensione della propria fisicità. 
Nel 2020 (complice il lockdown) decide di salvare i propri scritti e aprirli al pubblico. 
A Gennaio 2023 entra a far parte della redazione del litblog Le Parole di Fedro, curando la rubrica “figuracce retoriche”.
Numerose le apparizioni su blog letterari e antologie. 
Nel 2023 pubblica la raccolta poetica “Muovimi il fiato” (ChiPiùNeArt edizioni).
La suddetta silloge si aggiudica il primo premio poesia edita al concorso Antica Pyrgos 2023, presidente giuria il poeta Antonio Veneziani.
Nel 2024 cura, per la casa editrice Divergenze, il saggio di Elisa KirshGastarbaiterliteratur”.
A Giugno 2025, si classifica al terzo posto, nella categoria poesia edita, al Premio Internazionale Gabriele Galloni.

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NOTA DELLA REDAZIONE

La parola presenza in italiano ha un false friend molto evocativo. 
Ricorda all'uomo impreciso, ma creativo, senza che l'etimo ovviamente confermi il dato, ciò che è prima (pre) di un'assenza (senza). 
E prima di un'assenza è logico pensare che ci sia quasi sempre una presenza. 
La parola incontro, invece, ha – questa volta con precisione – un etimo interessante: significa andare verso qualcosa o qualcuno e contiene in sé sempre l'idea del movimento.
Rincontrarsi, quindi, significa, prima ancora della stasi di un abbraccio, un movimento preciso che verso l'altro ci diriga. 
Allo stesso tempo – pleonastico dirlo – riconoscere (qualcosa o qualcuno) significa letteralmente conoscere di nuovo, ma anche, forse e paradossalmente, conoscere "ex novo", per la prima volta. (1)

Così, quando Annalisa Mercurio, con mia grande emozione, mi ha parlato del suo nuovo progetto poetico, di questa raccolta in fieri il cui presupposto è la descrizione degli incontri con le persone (ma secondo me c'è anche un gatto) che la poeta percepisce di aver già conosciuto in qualche remoto passato, ho pensato, non senza una certa invidia: "ma perchè le idee più profonde vengono sempre agli altri". 

Poi, a invidia sbollita, ho riletto questi inediti e li ho trovati molto interessanti per una serie di motivi, tutti altrettanto importanti. 
Anzitutto, è del tutto evidente una totale virata di stile e stilemi, utilizzati dalla poeta, un cambio radicale della scrittura – e io posso dire, non senza un certo vanto, di conoscere più che bene la scrittura di Annalisa Mercurio.

Questo si  comprende bene, perchè suo questo "processo creativo", questo suo interessante "work in progress", ha delle pretese etiche, prima ancora che poetiche, chiare, che in un certo senso obbligano la poeta a divenire sintetica e essenziale nei suoi tratti. 

Perchè? Perchè è di tutta evidenza l'intenzione della Mercurio di trasmettere una sola e unica certezza, ovvero di aver già incontrato il soggetto dei suoi componimenti. 
In altre parole. con la sua solita fantasiosa perizia, Annalisa Mercurio gioca col lettore, dando per certo ciò che prima facie dovrebbe essere coperto dal dubbio - non è certo di anti dare per certe le teorie della reincarnazione, per esempio

L'autrice però non dice: questa persona l'ho incontrata forse nel passato. 
Ci mette, al contrario, di fronte alla sicura e palmare evidenza di questo dato descrivendo di quella persona (e anche di un gatto) i tratti essenziali, così tanto essenziali da risvegliare in me, non solo l'animus poetico, ma anche, e forse soprattutto quello dell'avvocato. 

In diritto, infatti, come d'altronde in ogni ambito interpretativo ed ermeneutico, è sempre necessario definire quale sia l'oggetto della norma e questo può avvenire in due modi: 
  1. una definizione, il più precisa possibile, dello stesso oggetto (ad es. l'obbligazione è il rapporto giuridico che lega fra loro due o più soggetti in forza del quale uno (il debitore) si obbliga verso l'altro (il creditore) ad una prestazione (obbligo di "facere") o a una omissione (obbligo di non "facere").
  2. l'elencazione stretta dei cosiddetti elementi essenziali e costitutivi dello stesso (ad es.: ai sensi dell'art. 1325 c.c., elementi essenziali del contratto sono: parti, oggetto, causa, e, in qualche caso, la forma). In questo caso l'idea è che se di una cosa dichiaro quali siano gli elementi essenziali e imprescindibili ne sto necessariamente anche definendo l'essenza, in modo tale che l'assenza anche solo di uno di tali elementi farebbe venire meno l'oggetto giuridico in esame (nell'esempio di sopra - e fatti salve le dottissime teorie di Rodolfo Sacco in merito - un contratto senza oggetto non sarebbe più un contratto) .
Ecco, mi pare di poter dire che Annalisa Mercurio abbia optato per la seconda soluzione, definendo di ogni suo re-incontro gli elementi essenziali che impediscono di confondere quel dato soggetto con altri.
E, solitamente, nonostante le apparenze, definire per essenza è estremamente arduo e periglioso e chi lo fa, almeno in diritto, rasenta spesso l'eccellenza.

E credetemi – lo dico con un sorriso come inciso – mi è bastato rileggere la poesia S., per capire di chi stava parlando (anche su K. ho avuto ben pochi dubbi), il che dimostrerebbe la riuscita dell'esperimento. 

Ora, prima di invitarvi ad abbandonare questa tediosa nota e di esortarvi, semmai, a dedicare il vostro sacro tempo alla ri-lettura dei testi, una sola domanda per voi.

Cosa c'è di più poetico che dire dell'essenza (delle essenze) delle cose, e persino delle loro assenze?

(1) - almeno nel linguaggio comune e parlato si può ben dire, con evidente ossimoro, ad esempio: 
Ho riconosciuto, per la prima volta, in te doti inaspettate. 

Per la redazione de Le parole di Fedro
il caporedattore - Sergio Daniele Donati
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