Melanconia e Shoah

'Melanconia' di Sergio Daniele Donati
Va così, ogni tanto, a ritmi non prevedibili; un refolo che si insinua, spesso a partire dalle tempie, e cola poi piano fino al midollo.
Mentre scrivo per un cliente o cerco soluzioni impossibili per casi disperati, soffia lento le sue volute di fumo e culla l'affanno. 
È la mia nota malinconica, una berceuse antica, di legno stagionato; e tinge di ocra e azzurro pastello i miei fuochi; indomabili.
Ho imparato col tempo a metterla a frutto, ad ascoltarne il richiamo, legato a un palo, come Odisseo con le sirene.
La lascio cantare; la canzone dei luoghi in cui non fui, delle assenze che mi hanno formato, dello sguardo che volge a un passato nebuloso.
Non è mai dominante il mio accordo in minore; si intona ai miei gridi guerrieri, li placa con sfottò inesorabili, ma non li annega.
Semplicemente arriva da luoghi inaccessibili, si posa sulla mia pelle e, senza scatenar fantasmi o agitare paure, canta. 
Allora fermo il vortice della scrittura, perché quella nota non può essere descritta. 
Il cliente può aspettare, e attendere soprattutto può la voce tiranna, la mia radice antica, che esorta all'elevazione. 
Ho imparato col tempo, dicevo, a riconoscerne il passo e so che viene a dirmi ciò che io non so più dir a me stesso.
Se poi l'occhio lacrima, senza nemmeno saper perché, mi aiuta l'etimo. 
Complessità è accettare le proprie pieghe. 
E io son nato complesso (e complessato) ma con la dura cervice del mio popolo.
Ho la pazienza dell'amanuense, del compilatore di codici.
Ho imparato col tempo a cullare la mia culla, a lasciarla cantare finché non si dissolve nei muschi delle mie rinnovate speranze. 
È allora che scrivo di nuovo.
E scrivo linee retrò, lente e piane. 
Quella è la nota melanconica di fine ottocento, la partitura di contralto dei profeti come Amos.
È solo con quella nota nel midollo che posso volgermi al passato senza trasformarmi in statua di sale.
E se l'occhio lacrima, senza nemmeno saper perché, e sento le voci dei miei senza voce sussurrarmi piano la loro esistenza, io taccio.
Che quella nota di melancolia vale per sé come basso continuo al coro degli svaporati della storia. 
Sia benedetto il loro Nome in eterno. 
Siano benedetti i loro Nomi in eterno.
Possa io lacrimare la loro voce sottile fino all'ultimo respiro.



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