Sinagoga - Un sogno
Resta la brina 
sul ricordo di quell'abbraccio,
sulla penombra di quel luogo 
in cui il sacro si mescolava
con l'odore dei nostri epiteli.
Eri più vecchia e io, senza tempo,
privato del tempo per dire
del rimpianto e della nostalgia.
«Mi sei mancata», dicevo.
«Ti amo ancora», rispondevi.
Ma c'era poi quella presenza;
il volto coperto da un velo di lino
nero stava alla finestra 
e prendeva in foto
un luogo che vieta le immagini,
dietro a un vetro che piangeva
gocce di pioggia novembrina
dense come colla.
E il tuo spavento 
e la mia rabbia
mentre fustigavo il vuoto 
con rami secchi intrecciati,
pesanti come il marmo.
Poi l'urlo strozzato in gola
-  la mia - 
«ti faccio vedere io cosa significa
fotografare il vuoto»,
urlavo alzandomi. 
Figlio del sogno
ho lottato anche io contro il vuoto
e ho perso l'attimo per dirti
che anch'io ti amo ancora. 
Là, in una sinagoga 
abitata solo dal nostro
incontro palindromo dopo i mesi 
del silenzio delle nevi,
ho lottato perché tu
non avessi paura
contro chi cercava 
di fotografare la tua assenza.
E ho perso
e, svegliandomi tra i sudori,
ti ho persa ancora.
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Testo inedito - 2024 - di
Sergio Daniele Donati









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