(Redazione) - Lo spazzino e la rosa - nota di lettura di Annarita Merico a proposito di Michel Simonet
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di Anna Rita Merico |
…So che a qualcuno può sembrare strano, ma a me piace davvero spazzare, ripetere gli stessi gesti, spingere il carretto, raccogliere mucchi di foglie, raschiare un tappeto di neve, spaccare il ghiaccio. Sono piaceri fisici e naturali che, in prima istanza, non devono niente alla filosofia, all’idealismo, al masochismo o all’abnegazione, ma sono pilastri di spiritualità e presuppongono una forma di grazia… la strada ci rende semplici…Abbiamo la capienza di un ditale o quella di una cisterna? Ciò che conta è la pienezza.1
Michel Simonet: ascoltarne la scrittura ossia, passare attraverso strettoie esistenziali che sanno di decisioni e di visioni.
“…Simonet
è
nato a Zurigo nel 1962 e risiede a Friburgo con la moglie e sette
figli…Nel 1986 sceglie per vocazione il mestiere di spazzino nella
città di Friburgo…”2
Da
una posizione particolare -alla guida del proprio carretto, quello di
uno stradino- gestisce il giardino
della propria rosa
attraversando una pozione di universo metropolitano all’interno
della quale srotola una lenta dimensione di misticismo urbano. Se la
parola del deserto s’attorciglia e ha genesi nel vuoto e nel
silenzio, lo sguardo poetico di Simonet ha inizio da una scelta ma,
anche, dall’impensato taglio valoriale che una decisione radicale
di vita può portare con sé. La felicità, per Simonet, è
l’apprendimento della capacità di legarsi a cose semplici ed
accessibili.
Cielo: il mio soffitto trasparente.
Viale: i muri della mia casa.
Macadam: il mio tappeto orientale.
I giorni dopo la festa: la mia Via Crucis.
Pattumiere. Le mie stazioni.
Auto, treni, passanti: i miei viaggi.
Panchine: i miei bistrot.
Neve: il mio silenzio.
Pioggia e vento: la mia musica.
Caldo e freddo: la mia sauna.
Carretto –rosa: la vita- è bella.
Scopa: la mia stampella.
Carte e mozziconi: i vicini di sotto mai assenti.
Bicchiere rotto: vite sfiorate.
Pace e rumore: una sola natura umana.3
Viale: i muri della mia casa.
Macadam: il mio tappeto orientale.
I giorni dopo la festa: la mia Via Crucis.
Pattumiere. Le mie stazioni.
Auto, treni, passanti: i miei viaggi.
Panchine: i miei bistrot.
Neve: il mio silenzio.
Pioggia e vento: la mia musica.
Caldo e freddo: la mia sauna.
Carretto –rosa: la vita- è bella.
Scopa: la mia stampella.
Carte e mozziconi: i vicini di sotto mai assenti.
Bicchiere rotto: vite sfiorate.
Pace e rumore: una sola natura umana.3
Una
universalità vissuta all’interno degli infiniti minimalismi del
quotidiano. Arte di scorgere bellezza e pieno nell’infimo del
rifiuto, dello scarto, dell’inservibile, dell’inattraversabile.
Nel non luogo dell’accumulo molle, Simonet individua il proprio
progetto di cura del mondo. L’Autore fa poeticamente spazio al
proprio progetto rivestendolo di gesti ripetuti all’infinito. Gesti
divenuti rituali, gesti radicati nel presente dell’attimo, nel
dentro di una tessitura fatta di minuzie capaci di moltiplicarsi ed
ampliarsi. Simonet cuce mondo intorno allo scarto di quanto vi è di
uso e consumo per ognuno. Si colloca al di fuori del processo
economico liberando la zona di Friburgo assegnatagli per lavoro, da
ciò che è scia di cose
tralasciate, inservibili e, grazie allo stare
per strada,
lascia accadere la possibilità di scoprirsi nel pieno e nella
produzione di senso.
Nottambuli ormai a casa
sola rimane l’alba.
Solitudine angusta
nella strada deserta,
macchiata dagli eccessi
che la ramazza lustra.
I primi mattinieri
per la Messa di prima,
alcune note al piano
malinconia del cuore-
escono da una finestra
aperta su un mattino
nuovo e riconciliato.4
sola rimane l’alba.
Solitudine angusta
nella strada deserta,
macchiata dagli eccessi
che la ramazza lustra.
I primi mattinieri
per la Messa di prima,
alcune note al piano
malinconia del cuore-
escono da una finestra
aperta su un mattino
nuovo e riconciliato.4
Luoghi aperti, luoghi chiusi. Nel giro di anni ogni luogo è divenuto, per lui, punteggiatura di memoria. Banconi di bar, panchine, marciapiedi, angoli di frescura, portoni, la piazza, mercati rionali… ogni tratto fatto luogo abitato da drogati, barboni, attaccabrighe, festaioli, screanzati, diviene scenario d’umanità parlante. La strada è un orologio palpitante. Ad ogni ora del giorno vi è l’osservazione di come-dove-quanto mutano i viandanti, è uno sguardo privilegiato dentro l’umanità. Treni di pendolari, autobus scolastici, commesse di negozi e boutique, casalinghe al mercato, signore in pensione ai bar, il pomeriggio delle ore-calura dei turisti e dei rientri dagli uffici... E, poi, la Friburgo medievale e barocca dove gli angeli popolano il cielo della sera. Le lancette ruotano battendo il tempo di un consistente scorrere segnato da vive presenze umane intente a giocarsi la giornata e il passaggio delle ore. Una sorta di meridiana umana sgambettante, lenta o frettolosa, guidata da orologi di intenti e di tempo interiori.
E poi, ancora, il ripulire tag e graffiti notturni, generi e pensieri che s’accavallano negli angoli più impensati a tradire un passaggio, una riflessione, una rabbia, una mancanza, un tratto d’essere affidato ad una parola.
Vorrei essere una lacrima. Nascere nei tuoi occhi, vivere lungo la tua guancia e morire sulle tue labbra.5
Guten
Tag Friburgo.
Tag
notturno
tag
diurno,
fregio
di strada
o
target nocivo
talvolta
bilingue
non
sempre compreso
denunciato
o preso,
represso,
sanzionato, punito.
Seriamente
Accusato.6
Il
littering
ossia l’abbandono
dei rifiuti su una pubblica via
consente l’affaccio di riflessione tra ciò che è utile e ciò che
ha esaurito il proprio corso d’uso. E’ un arco del divenire che
prende forma attraverso e dentro oggetti e gesti. Acquistare-cercare,
utilizzare, gettare: arco sintetico del consumo del desiderio o del
bisogno.
La
vita sulla strada… arricchisce in senso psicologico, in buon senso,
fa emergere il sistema nervoso di una società, riconosce le persone
al di là dei personaggi, trova il giusto equilibrio tra opinione ed
emozione… Le persone dirette che indicano una direzione, gli
impulsivi che dicono tutto senza filtri e poi si scusano… i timidi
o gli impliciti, sensibili e sensati, che non dicono tutto ciò che
pensano… i chiacchieroni dalle tonsille abbronzatissime… i
monocordi dal gelido sangue freddo… gli istruiti…i pedanti… i
perennemente scorbutici…7
Stare
per strada, ripulire la strada, ripetere gesti con cura maniacale
producendo ordine e attraversando pensieri capaci di nutrire lo
sguardo e il sentire. E’ una rivelazione che prende forma dai
tombini e dall’asfalto? Bassezza o altezza? Guglia o cunicolo di
fogna? Un roadman intento a rendere vivibile lo spazio e il pieno di
un vuoto affinchè ognuno possa farne area di vita urbana. E, poi, le
modernizzazioni che giungono. Glutton, la macchina-scopa che aspira
ma non ispira,
motore possente collegato a tre ruote, un mangia-tutto leviatanico
pronto ad ingozzarsi d’ogni. Bestione mai sazio. Trasformazione del
lavoro umano.
Un’eroina:
Ilaria del Carretto.
Uno
scultore: Scopas.
Una
frazione di Friburgo: Rue.
Una
città: Orange.
Un
paese: i Paesi bassi.
Un
animale. La lumaca.
Un
fiore. La rosa o il papavero.
Un
frutto: l’arancia ancora e sempre.
Un
dolce. Le mille foglie.
Un
tipo di clima: l’uragano, che spazza ogni cosa
al
suo passaggio.
Una
nota: il Fa bemolle,
appena
sotto il Sol.
Un
gruppo musicale: Tangerine Dream.
Un
idolo: Ercole che ripulisce le stalle di Augìa.
Un
sogno: fare come lui e deviare la Sarina.
Un
incubo: più niente da spazzare in terra.
La
disoccupazione!
Il
colmo per uno stradino: chiedergli
di
mostrare le carte.
Il
suo pellegrinaggio: Compostela.8
2023:
film di Wim Wenders, Perfect
Days.
Anche qui sguardi all’interno di un’umana consapevolezza nata dal
fermarsi per darsi possibilità di ri-prendere. Anche qui un farsi
largo nel simbolico del rifiuto, del mancante di perfezione, del
macchiato, del marginale, di ciò che ha rifiutato confine esigendo
per sé l’estraneità, la rimozione, il maleodorante, la minuzia.
Interroga
questo coltivare lo spazio vuoto, liminare in cui allocare la
domanda. Segno dei tempi: non più l’infinito del deserto ma il
minimo dello scarto, l’unghia rotta di ciò che è vicino.
Metamorfosi della trascendenza.
_____
NOTE
2
ivi, interno copertina
5
ivi pg 36
7
ivi pg 76-77
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