(Redazione) - Genere In-verso - 20 - Il pero nella letteratura.

   

di David La Mantia

La pera è un frutto antichissimo, tanto che sembra che venisse coltivata già nel Neolitico. In genere le è stato associato un significato positivo per la sua caratteristica di essere molto dolce, quando matura. Come se questa maturità fosse allegoria di saggezza.
La pera, già conosciuta in epoca omerica, era consacrata a dee di rilievo, su tutte Venere e Giunone. Lo storico Pausania ricorda che a Tirinto e Micene si scolpivano le statue di Era nel legno di pero. Questo frutto era anche associato a Venere, poiché la forma allargata verso il basso evoca l'immagine del ventre femminile. Lo stesso Plinio il Vecchio, elencandone le numerose varietà, ricorda anche le cosiddette "Veneree", dolcissime tra tutte le pere.
Fino a non molto tempo fa nel cantone svizzero di Argovia si piantava un melo, quando nasceva un maschio e un pero se vedeva la luce una bambina. I bimbi – si diceva in una leggenda – crescevano o deperivano con il loro albero.
Il suo fiore bianco invece è simbolo di lutto in Cina dove il bianco è un colore funebre.

Al pero è tradizionalmente legato l’orso, che sarebbe ghiotto dei suoi frutti. Questa sua predilezione ha ispirato due proverbi toscani : « Chi divide le pere con l’orso n’ha sempre men che parte » e « Sarà quest’anno di molte pere – diceva l’orso – perché n’harebbe volute. » (Da « Florario » di Alfredo Cattabiani).

In molte zone appenniniche c’era la certezza che se un fungo fosse cresciuto vicino ad un ferro arrugginito, sarebbe diventato velenoso. Inoltre si crede che se i funghi velenosi venissero cotti assieme a delle pere selvatiche, questi non avrebbero arrecato alcun danno, diventando cioé eduli. Mattioli (soggiornò a lungo a Trento e a Cles fra il 1485 ed il 1539) nei suoi « Discorsi » aggiungeva anche che con la cenere del legno di pero si poteva fare una bevanda assai utile a chi avesse mangiato funghi velenosi.
Solitamente la pianta, dal frutto zuccheroso, viene considera in senso positivo e ritorna soprattutto nelle immagini della Vergine con Gesù. Tale simbolismo sembra derivare dalla interpretazione di un passo dei Salmi, che spinge a gustare ed a osservare quanto sia buono il Signore. Sempre per questo motivo può alludere al concetto di dolcezza della virtù.
Secondo alcuni, infine, specie in ambito medievale, il pero potrebbe essere identificato che il famoso albero della conoscenza del Paradiso terrestre. Solo a Medioevo inoltrato, la pera ha assunto un'accezione negativa, probabilmente dovuta al fatto che il legno dell'albero marcisce facilmente; per questo tale simbologia rientra spesso nelle nature morte.
Il pero appare anche in molte favole, sia come location che come oggetto simbolo. In molte storie, questo albero è un luogo di riposo, di incontro o di sfida per i personaggi. In altre, le pere possono essere oggetti di desiderio o di inganno.
C'è per esempio la storia di PIRINPINPIN, di tradizione ferrarese.
C'era una volta un bambino a cui piacevano tanto le pere che la gente del paese lo chiamava Pirinpinpin. Vicino al paese, viveva anche una cattivissima strega che mangiava i bambini.
Un giorno la vecchia strega passò sotto il pero dove Pirinpinpin si stava facendo una scorpacciata di frutta e disse:
- Pirinpinpin, buttam zò un prin (Pirinpinpin buttami giù una perina);

il bambino rispose:

- no bruta vecia, che t'am vò magnar (no, brutta vecchia perchè mi vuoi mangiare)
Pirinpinpin buttò una pera che cadde a terra rompendosi. La vecchia continuò ad insistere e il bambino scese dall'albero. La vecchia strega lo prese e lo mise nel sacco.
Tornando a casa alla vecchia scappava la cacca, si fermò e allora Pirinpinpin dal sacco cominciò a urlare: "che puzza, vai via" e la vecchia si allontanò. Per fortuna passava un contadino che lo liberò e mise al suo posto il suo cane.
Quando la vecchia tornò, prese il sacco e lo portò a casa dove l'aspettava la figlia Cateretta, che non era molto sveglia. La strega aprì il sacco, da dove uscì il cane arrabbiatissimo che le diede un morso nel naso e scappò.
Il giorno dopo la strega, con un bel cerotto sul naso tornò sotto l'albero di pere e trovò il goloso Pirinpinpin che mangiava. Questa volta Pirinpinpin scappò sui rami più alti, ma erano troppo sottili, si ruppero e cadde giù, dove la vecchia strega velocissima lo rimise nel sacco. Tornando a casa, alla vecchia scappava la cacca, ma questa volta non si fermò. A casa c'era Cataretta che preparava il pentolone; la strega disse alla figlia: metti Pirinpinpin nell'acqua bollente mentre io vado al gabinetto dietro casa. Pirinpinpin cominciò a dire alla ragazza che lui era bravissimo a tagliare la legna, se gli apriva il sacco avrebbe fatto tutta la fatica al posto suo.
Cateretta che non era una volpe, si lasciò convincere dal furbo bambino, aprì il sacco e Pirinpinpin appena uscito diede uno spintone a Cataretta e la buttò nel paiolo, poi svelto, uscì e corse sul tetto.
La strega tornò, e tutta soddisfatta prese un forchettone per sentire se il bambino era cotto a puntino. Pirinpinpin dal tetto cominciò a prenderla in giro dicendo:

- Cucù cucù, ti tiè li zò cat magni to fiola e mi son chi su. (Cucù tu sei li giù che mangi tua figlia, e io son qui su)

La vecchia disperata, cercò di liberare la figlia, ma le fiamme attaccarono il suo vestito. La strega bruciò con la casa, Pirinpinpin scappò via, liberando il paese dalla vecchia che mangiava i bambini.
Di rilievo, una favola scritta da... Leonardo. Anche da Vinci infatti si cimentò a scrivere favole, sicuramente ispirato dagli antichi testi scritti da Esopo e Fedro. Come le loro favole, le sue sono piene di arguzie e a sfondo morale per favorire il buon vivere. Egli mirò infatti a far amare e rispettare la natura per il bene dell'uomo.
La favola seguente ci parla di un albero da frutto, precisamente un pero, alquanto felice di venire trasformato in una scultura.
Un giorno due piantine, una di lauro e l'altra di mirto, videro tagliare un pero e ad alta voce gli gridarono: - Che brutta fine fai! Dov'è ora la superbia che avevi quando ti riempivi di frutti maturi e ci facevi ombra con la tua folta chioma? -
Allora il pero rispose: - Io andrò nella bottega di uno scultore che con la sua arte mi trasformerà in qualcosa di tanto meraviglioso da essere ammirato per l'eternità! Voi invece correte il rischio di vivere spennacchiati delle vostre foglie vita natural durante perché esse andranno ad abbellire gli uomini a vostro discapito! -


Talora il pero assume però un valore magico. Come nella nona novella della giornata sette del Decameron, intesa a celebrare il tempo contemporaneo, quasi la tematica della beffa si legasse strettamente alla realtà della cronaca. Lidia e l’amante Pirro ingannano il marito Nicostrato, facendogli credere che ciò che avviene sotto un albero di pero sia immagine deformata dalla pianta magica e dunque fantasia inconsistente e mendace. Un sottile discrimine separa il sogno dalla realtà e marca il confine tra verità e finzione, alimentando una metafora che potrebbe adombrare la stessa creazione letteraria ma si compiace piuttosto di risolversi in un divertito effetto comico, sancito dal finale abbattimento del pero incantato.


Nella satira sette di Ariosto, invece, il pero diventa emblema di fatica e duro lavoro, di serietà in contrapposizione con la falsità della zucca.


Ci fu una zucca che in pochi giorni
crebbe tanto in altezza che coprì
i rami più alti del suo vicino, un pero.


Una mattina, svegliatosi da un lungo sonno,
il pero aprì gli occhi e vide
i nuovi frutti che gli pendevano sul capo.


Le disse: – Chi sei? Come sei salita
fin quassù? Dov’eri prima, quando io,
stanco, mi sono addormentato?


Essa gli disse il nome e gli mostrò il punto
giù in basso dove era stata piantata: – Fin qui –
disse – in tre mesi son giunta, accelerando il passo.


Ed io a fatica arrivai a questa altezza
dopo trent’anni – soggiunse il pero – lottando
con tutti i venti, il caldo e il gelo.


Ma tu, che in un momento arrivi in cielo,
sii certa che tanto in fretta, così com’è
cresciuto, verrà giù il tuo stelo.


Ed oggi?
Nel primo novecento è bello ricordare almeno Angiolo Silvio Novaro con il suo Il vecchio pero e la rondine


C’era un tempo un vecchio pero
che dormiva, smorto e nero
nel freddo cortile.
Sotto vento, pioggia o neve
dormiva d’un sonno ben greve!
Tutta la neve che l’inverno caccia
gli assiderava le braccia,
la pioggia acuta e sottile
lo penetrava ostile,
il crudele e tristo vento
lo staffilava con accanimento:
ma l’albero nulla sentiva;
sotto la sferza della rabbia viva
dormiva dormiva dormiva.


A San Benedetto
sull’alba rosata fu vista
una rondinella vispa
calare a tese ali sul tetto.
Rondine bruna, rondine gaia!
Posata sulla grondaia
accanto al pendulo nido,
mise un piccolo grido
miracoloso, ed ecco
il povero albero secco
irrigidito,
che tanto avea dormito,
si svegliò fra tesori
di ciocche di fiori.


Non va trascurato anche Pómo pèro. Paralipomeni d'un libro di famiglia, una raccolta di scritti di carattere autobiografico di Luigi Meneghello, pubblicata nel 1967. L'autore nota che a Malo il pomo è un frutto non un albero, e altrettanto vale per il pero; gli alberi che li fanno sono il pomaro e il peraro, Nota inoltre che in questo testo non abbiamo due frutti ma uno solo, un ambiguo “pomo pero” con due nature. In paese si è sempre preso per sottinteso che si tratta di compresenza metafisica, non incrocio o d'innesto.


Infine, in Rodari. Il pero diventa l'occasione per un gioco linguistico in Per colpa di un accento.


Per colpa di un accento
un tale di Santhià
credeva d'essere alla meta
ed era appena a metà.
Per analogo errore
un contadino a Rho
tentava invano di cogliere
le pere da un però.
Non parliamo del dolore
di un signore di Corfù
quando, senza più accento,
il suo cucu non cantò più.

Bibliografia
1 - Simboli ed allegorie, ne I dizionari dell'arte, electa mondadori, 2003
2 - Mircea Eliade, Oggetto e modalità della credenza religiosa (1º volume dell'Enciclopedia delle religioni), Milano: Jaca Book, 1993.
3 - Mircea Eliade, Il rito. Oggetti, atti, cerimonie (2º volume dell'Enciclopedia delle religioni), Milano: Jaca Book, 1994.
6 - Alfredo Cattabiani, Florario,, Mondadori, 1997
7 - Gianni Rodari, Il libro delle filastrocche, Einaudi, 2020
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Commenti

  1. Carrellata dendrosofica di grande rilievo per contributi e messa in luce delle sapienti stratificazioni mitosemantiche

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  2. Ma sei bravissimo!

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