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Uno speciale de Le parole di Fedro su Gabriele Galloni (con interventi di Annalisa Mercurio, Davide Cortese, Mattia Tarantino e Sergio Daniele Donati)

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Gabriele Galloni ritratto in foto da Dino Ignani Una Nota di lettura  di Annalisa Mercurio su "In che luce cadranno" (RPlibri, 2018) In che luce cadranno , nella prefazione di Antonio Bux , è stata definita ‘ un’opera d’arte priva di sbavature ’. Sono assolutamente d’accordo, ma vorrei anche aggiungere, che questa è stata per me una silloge di essenze . Per Galloni l’ignoto è una nuova nascita, un viaggio in un baratro luminoso in cui morti andranno a precipitare, un passaggio questo, che vorrei paragonare alla discesa uterina, alla migrazione tra l’altrove che ci precede e questa esistenza. Il poeta si fa placenta tra vita e morte, si fa materia sottile capace di assorbire suoni e luci tra mondi, si fa membrana in grado di raccontarci l’oltre, si fa velo nel quale avviene uno scambio osmotico di liturgie, di mancanze e di carne, accadimenti dei quali si nutre e a sua volta nutre. A Galloni pare non basti esplorare il mondo dei vivi, così in questa silloge capolavoro, ci por

Due poeti allo specchio (Sergio Daniele Donati e Ilaria Sordi)

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SCARNA È scarna e stretta la via della scintilla, troppo breve e fragile quella della lucciola. Io son così, brillo la notte ma se mi prendi sul palmo della mano ho il sembiante d'una pulce. Sono fuochi fatui le mie parole, il valore delle mie intuizioni è nel buio intermittente; e non potrà mai esser detto. Sergio Daniele Donati (inedito 2023) La ghiaia sotto i passi cantava la nenia della notte e noi camminavamo bambini -le lame nude dei sorrisi- nello smarrimento delle ipotesi Brilla ancora nostalgia come quei lumi lontani nella conca delle mani tutto lo stupore in fiore: briciole di luce le tue parole per ritrovare la strada La casa ora è un'idea più vicina al cuore. Ilaria Sordi (inedito 2023)

Mater

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Vorrei dirti: resta. Ma tu vai. E di quell'argine fragile rimangono schegge  di sassi, buchi di memoria. Vorrei dirmi: resta. Ma si staccano lembi dalla mia pelle, foglie dai rami. Vorrei chiederti  - chiedermi: ami? E volto il volto, mai stato bambino, che ora urla; lo volto dal declino che brucia le pupille. Lo volto dal vuoto, dal mio dirmi altro, dal canto silvano inventato la notte per non sentire il Vero. Lo volto e ascolto la tua voce ormai soffio tremulo  e ripetitivo. Vorrei dirti altro, ma altro non sono. Il buco si allarga, ci vorrei mettere  un suono, ma so dove vai, e vorrei dirti: resta. Testo di Sergio Daniele Donati Inedito 2023

(Redazione) - Specchi e labirinti - 19 - Ombre e selve in Sarita Massai

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A cura di Paola Deplano Chi legge un libro più di una volta trova ad ogni incontro con le sue pagine nuovi dettagli e nuovi pensieri da esplorare ed accogliere. Poi, spesso, - bisognerebbe dire quasi sempre - incontra nelle crepe dello scritto uno o più interrogativi a cui a volte non riesce a dare una risposta. Gli Ebrei, da sempre abituati non solo a leggere il Libro, ma anche a meditarlo e a darsi le loro personali risposte, nel leggerlo e rileggerlo notano che la creazione della donna è riportata due volte. Nella prima ci si limita a dire che gli esseri umani sono stati creati maschio e femmina, nella seconda il racconto si arricchisce di ulteriori particolari, come la questione della costola sottratta nel sonno. Certamente, sarà perché la seconda volta è la spiegazione della prima. Oppure no. A questo punto viene in soccorso la fantasia, che da un racconto all’altro, allontanandosi sempre di più dalla Fonte, diventa leggenda e folklore. La leggenda vuole quindi che non solo le nar

Declinazioni

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Rosa, rosae, rosae      Il ricordo è pioggia acida. Rosam, rosa, rosa      Fosse bastato uno sguardo Rosae, rosarum, rosis      ora non scriverei poesie Rosas, rosae, rosis      sulla morte d'un uomo. ___ Foto e testo inedito 2023 di Sergio Daniele Donati  

Sono nato fuori dal tempo

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Sono nato fuori dal tempo, nel décalage costante di chi brama penombra a primavera,  di chi s'assorda alla cacofonia  delle stelle, la notte. Sì, la notte, m'ha donato il passo  del gambero. Retrocedo, certo, ma guardando davanti un futuro seducente. È il passo di chi  non abbandona il filo di lino che ancora unisce due anime sfatte dal desiderio di limo d'avere un nome  proprio da custodire.  Sono nato  fuori dal tempo, e senza dubbio il mio peccato più che mortale  è non aver imparato  l'arte della doppia gassa o di quella d'amante. E la barca  non assicurata al porto,  prende la deriva. La notte, mentre le stelle ridono sguaiate sul limite tanto umano di chi non sa svaporare nel silenzio del ricordo, io muoio. ____ Foto e testo inedito 2023 di Sergio Daniele Donati 

La discesa sacra (un Salmo balbuziente)

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La stanza azzurra devastata dall'uragano; non resta che qualche goccia d'olio sacro e un simulacro di speranza da tramutare in canto. Le senti anche tu le voci roche e sfatte ripetere il mantra  della fiducia nel celato  e nel passaggio stretto  a una pelle nuova? È un canto corale che ripete senza sosta e centellina resine e cortecce d'eucalipto per le ossidiane dei figli. A terra l'epitelio di biscia, concime del passato su una terra senza soffio. Si dice che poi aleggi ancora un vento divino sui volti delle acque salate dei nostri occhi, e che di lontano il corno che chiamano Shofar laceri tempi e spazi - ancora una volta - per rendere possibile la distanza dall'Altro che chiamano amore. Ho peccato, Moabita, davanti al pozzo io ho peccato. Possa la tua voce ancora una volta risollevarmi il mento alle stelle e dirigere il mio sguardo là, nel flusso indaco senza fine né cominciamento delle generazioni. Toglimi il petrolio dagli occhi e chiama ancora una vol

(Redazione) - Figuracce retoriche - 05 - POLIPTOTO (o POLITTOTO) e FIGURA ETIMOLOGICA

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A cura di Annalisa Mercurio Giunti alla quinta puntata delle figure retoriche di ripetizione, cerchiamo di comprendere le sottili differenze tra poliptoto e figura etimologica. Queste sono talmente legate, che ho tentato di separarle, ma non ci sono riuscita. POLIPTOTO (O POLITTOTO) Ehhhh lo so, che per prima cosa avete pensato a un bel cefalopode, ai suoi bei tentacoli.   Gli animalisti lo avranno visualizzato in mare, e i golosi insensibili in un piatto, al sugo o in insalata; io non ho potuto fare a meno di visualizzare il grande Totò nei panni di un polpo. Il nome di questo mollusco, deriva dal greco πολύπους, polipus, cioè con molti piedi, e ha in parte la stessa radice di poliptoto πολύ (poli) che traduciamo con molti, alla quale aggiungiamo τωτον che, non me ne vogliano i grecisti, andiamo a tradurre semplicemente con casi. La parola Poliptoto , πολύπτωτον polýptoton   significa quindi con molti casi . Il  poliptoto  (o polittoto) è una figura retorica che, all’interno del

Un (po') emo

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Ch'io fui lo dirà tra poco lo sguardo degli altri. Forse una reticenza, una parola mancata, un canto solo immaginato sarà la pronuncia d'un nome banale, come tanti.  Di me resteranno le parole dette, le macchie nere - più spesso blu - su fogli bianchi e vergini. Ma non ci sarà testimonianza dei miei strozzi, dei miei singulti di quel torna a me mai (o mal) pronunciato. Né ci sarà persona capace di tradurre in lingua nota il mio grido bambino,  gli occhi gonfi per l'allergia a un'assenza senza senso. Non sarà mai stato detto (tra poco) il mio sentirmi attratto  - troppo piccolo - dall'Altrove, perché il qui e ora era   abisso . Nessuno, ed è un gran bene, porterà traccia del mio piccolo male d'allora, ch'io contenni con forza di gigante bambino,  perché non divenisse stigma. Oh sì, la gente legge, e sospira del Sacro  che a volte palpita,  senza mio merito alcuno, tra i miei versi; ma non sa che quel Sacro fu la consolazione  d'un bimbo per il

Tre poesie inedite di Marina Minet (Teresa Anna Biccai)

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Frammenti A frammenti, padre mio pensami a frammenti, quando il tempo spezzerà la luce con la bava delle iene sul costato e distante da quel luogo che facesti cuore quieto e nutrimento A frammenti, padre mio, cercami a frammenti seminandomi la strada di radici con tre croci sulla schiena intrecciate a coerenze di germogli A frammenti, padre mio, trovami a frammenti come polvere vitale e sguardo vano come canapa imbastita dal maltempo come pioggia tramortita sopra il fango A frammenti, prendimi a frammenti come l’agnello addormentato accanto al lupo come il giglio sotto il gelo di novembre coi pensieri festeggiati dai sorrisi dei bambini senza gioia né dolore a frammenti, tutta amore Quando un giorno Quando un giorno verrete alla mia tomba non bussate come solita è la gente accendete la presenza col silenzio mormorando un perdono controvento fra le gore delle siepi. Fischiettando, rallegrerete i marmi con l’olio della lampada sul capo versato a goccia piena, d’abbondanza per rischiarare

Due poeti allo specchio (Mirjana Zarifović e Sergio Daniele Donati)

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SE TU TORNASSI Se tu tornassi porteresti il tuo vaso, la tua cenere, e io conterei, conterei il tuo vaso, esso viene dal tuo tempo di cenere, viene al mio tempo. Altri vasi nella casa del santo. Nei suoi occhi, le nostre bianche mandorle, come sono entrate? Solo divinando, solo ignorando, è il sapere, lo dicono i tripodi, lo dicono i sassi. Spremi la mandorla sulle nostre bocche, santo, la rosa è scarlatta, portala alla signora che leviga il vento. Ai crocicchi, dove ogni cosa è in disparte, e prima del corpo e prima del sangue… lei incede rugginosa e si volta alle campane ieri rinnegate, alle fosse le appende e leviga le rose. Forse hai un nome signora? Ah, ma scendono, nelle campagne camminano, vengono… Santo, santo del pane caldo dei morti, sulle tue labbra le nostre parole sanguinano, pronunciale tu, dalle a noi, non le abbiamo mai udite. È l’ultimo giorno, noi andiamo dietro l’ombra a impiegare i vasi, tu spremi la mandorla, spremila, e diremo che è buona. Mirjana Zarifović  -

Cinque inediti di Annalisa Barletta

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I Se ti sfioro come nelle fenditure d'aprile l'agguato proclive di un'impazienza di luce febbrile scopre il fiore,  la nicchia delle incarnazioni; se apro le palme al respiro di giunco per mostrarti tregue salse ai battesmi del cuore nell'ora in cui più di corda l'accidia sciaborda; tu sciogli l'anatema della mappa il guanto accucciato sotto l'inverno dissennato della bocca. Salpare dovremmo venerando la congiuntura equatoriale delle braccia, quando anche dall'ultimo lampione l'affanno si spegne; libare dovremmo all'Aviatore piumoso del nostro buonvento. II È un denso cercarsi d'onde il nostro sconfinare lento in peripli di nudi vocativi dove è vello promesso la fatale congerie dei respiri la ridondanza amorfa dei baci, la quête esule di un'Argonautica d'amore. III Ho il passo sbalestrato degli iniziati all'asma dei torbidi, ai commerci di gambe che s'implìcano in dedali e misture. Sento scucirmi il nodo del

Due poeti allo specchio (Donato Nitti e Sergio Daniele Donati)

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Molti fiumi ho attraversato alla ricerca di prodigi ed incanti sussurrando inevitabili versi ogni volta meno sorpreso. Svanisce il tuo profilo come la memoria con l’ultimo testimone l’arcobaleno dopo la pioggia un sogno che nessuno sogna i riflessi sul mare dopo il tramonto. Molti fiumi ho attraversato o forse un solo fiume Molti libri ho letto, o forse un solo libro. Molti uomini sono stato. O forse un solo uomo. DONATO NITTI - INEDITO NOTA BIOBIBLOGRAFICA Donato Nitti , nasce, studia e vive a Firenze. Sagittario ascendente acquario, viaggia molto, soprattutto in Cina. Avvocato con una passione per il diritto dell’arte, un dottorato di ricerca, alcuni incarichi di insegnamento in università di Shanghai. Un amore per la filosofia esistenzialista ed uno per il buddismo giapponese, inizia a scrivere nel 2010, all’inizio soltanto per sé. La pandemia è un momento di riflessione, e nel tempo dilatato di quei momenti matura l’idea di pubblicare una raccolta di versi. Dall’incontro con Mariel

Quattro inediti di Stefania Giammillaro

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  I Nascondimi al volo dei gabbiani senza segreti da interpretare Preservami da ogni male che riservi per me e inginocchia la colpa al tuo abituale mentire Sorprendimi con labbra serrate al buio di ogni promessa e tienimi stretta per non cadere nelle tue mani Accarezzami dal conforto racchiuso nel non decidere se amarmi - per non soffrire o odiarti - per non morire II Viaggiano le perplessità dei giorni lungo le crepe degli affanni La vanità dei tempi muore impigliata tra setole arrese agli ultimi capelli bianchi Dimentico è il volo sulla curva delle scale quando la terra trema al rintocco e il coltello è mantra devoto sui ceri spenti di un baccanale III Hai votato la tua sacra bellezza al tabernacolo di amanti senza tempo Hai offerto seni turgidi all' usuraia abbondanza e crocifisso imeni su lenzuola di salvezza Hai ingoiato scelte e rimorso la lingua prima dell'ultimo bacio a stampo stendendo panni di ghiaccio su gomiti viola appesi al balcone delle marionette Oggi dimentichi