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Tav ת

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La chiave che chiude un ciclo  non è la stessa  che apre il nuovo;  anche se la porta d'entrata  è la medesima. La ceralacca va spezzata  per aprire la lettera  e ogni sigillo è il segno  d'una possibile elevazione. Infine - e non va mai dimenticato -  le dita d'un bambino  contengono la stessa saggezza dei calli dell'anziano. Ed è ininterrotto il canto della trasmissione

Dialoghi poetici coi Maestri - 38. Mariangela Gualtieri

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Adesso fa notte – fa preghiera Apre le serrature del silenzio fa apparire la mappa siderale e ci inginocchia per quello spazio immenso fra qui e l'orlo del cominciamento quando le spine dorsali stanno tutte tese (Mariangela Gualtieri - da “Senza polvere, senza peso”, Einaudi editore) Un vento - un vento divino, planava sulle acque, prima dell'inizio degli inizi. Svolazzava con ali di farfalla su caos e abisso. Fu - dicono - un urlo a strappare i lembi del nulla e a riempire di luce, - una luce divina - ogni possibile esistenza. La notte mi guardo il palmo della mano. Non c'è olio sacro tra i suoi solchi, ma so di poter trovar rifugio nello spazio vuoto tra le lettere. (Sergio Daniele Donati - inedito 2022)

La chiamata (meditazione)

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Chiudi gli occhi, non è necessario dar nome a tutto; non è necessario dar nome al Tutto. Ascolta! C'è una nenia nel tuo sterno un canto che nessuna ansia è capace di interrompere. Il primo ritmo è nel respiro - quello del cuore per ora  non lo ascoltare, sa portare anche il dolore. Ascolta! La nenia si amplifica se cominci a salmodiare, tra lingua e palato, con voce sottile, richiami di sostegno, sottovoce.  Ascolta, l'anima vegetale dei tuoi polpastrelli; uniscili tra loro, unisciti a loro. Ti parlano di radici, humus e cortecce.  Quello è il luogo ove la nenia del sostegno  ha origine.  Chiama il verde nei tuoi occhi, chiusi.  Lo senti il rampicante della speranza farsi strada tra i tuoi vasi sanguigni? Ora sì, puoi parlare alle linfe  del tuo cuore e dir loro che la solitudine è solo macchia grigia  in un universo di intrecci verdi in cui il tuo nome è benedetto, nonostante i tuoi limiti, in cui il tuo nome è benedetto dai tuoi limiti. Ascolta più a fondo,  la ne

Due poesie di Denata Ndreca in occasione della Festa della Mamma

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  1 Sublime È lì che sono piegate le notti insonni, le lenzuola bianche ricamate della nonna, il profumo invadente della lavanda viola, l’odore inconfondibile del tabacco conservato nella busta di carta marrone, le unghie ingiallite, il tic-toc di un vecchio bastone. È lì che posano i sogni di una gioventù lontana, il corredo dentro il bauletto, la camicia da notte che aspetta la sua prima volta. È lì, è lì che sono piegate le giornate stese sotto il caldo sole di un’estate che lascia il posto all’inverno. È lì piegato, l’immagine di quel ventre gonfio di te, di te quando eri piccolo. È lì che sono piegate le tue gioie, i tuoi dolori, la tua – sua paura, i tuoi – suoi amori. Lì, nelle rughe del volto sublime  di tua madre. 2 Fiore bianco Stanche le mie mani stringono vuoto. Ora, grigia è di già la mia fronte. Tu sempre fresca – madre – fiore bianco nato nella valle del mio monte. NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE Denata Ndreca – Scutari 1976. Poeta, scrittrice, giornalista albanese, interprete, p

Concludendo (divertissement)

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Foto di Sergio Daniele Donati Concludendo, e a me il gerundio non piace, in conclusione, dicevo - a dire il vero non amo nemmeno le locuzioni abusate - insomma per dirla chiara: il poeta non esiste, la poesia sola esiste. Sergio Daniele Donati - inedito 2022

Timidezze adolescenti

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Foto di Sergio Daniele Donati Lo sguardo adolescente s'abbassa alla prime fiammelle, e il piede introverso segnala un brulichio di pensieri; parole che non vengono dette perché mai son state dette e restano disunite tra lo sterno e la gola. Oppure lo sguardo si fa diretto e arrogante a mostrar uomo chi uomo ancora non è; ma la parola resta non detta, perché mai detta prima. Così si mantiene l'equilibrio d'un adolescente timido; tra un fiume sotterraneo di parole inespresse e un corpo incapace di drizzare la schiena. La prima parola d'un adolescente timido esca dal palmo della mano come un olio sacro e libera le vertebre dal carico di eoni di silenzi. Chi assiste a questa trasformazione taccia. La prima parola è la parola che libera, qualunque essa sia. E libera soprattutto chi l'ascolta. Sergio Daniele Donati - inedito 2022

Lo spiraglio (SHIN)

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  Foto di Sergio Daniele Donati Non basta l'abbaglio, la scintilla, occorre uno spiraglio, un fuoco trigemino sostenuto da un braciere antico perchè la palpebra si alzi infine ad accettar il Vero.  Prima del sigillo la visione completa di sè, senza incagli, nuda. Shin è la prima carezza ricevuta da una mano paterna; il primo sorriso di madre  per i rigurgiti del suo neonato.  Ci vogliono tre fuochi per dirsi completi, tre fiamme, tre crepitii su frequenze diverse, che compongono l'armonia  del sigillo che verrà a chiusura di un ciclo di consapevole cammino.

Albert Camus - Assurdo e Rivolta: nota di lettura della Dott. Cecilia Cohen Hemsi Nizza

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Assurdo e Rivolta Sono questi i due poli attorno ai quali si sviluppa l’opera dello scrittore. L’assurdo è la presa di coscienza da parte dell’uomo della vacuità della sua esistenza, dell’inutilità delle sue azioni. Questo non senso viene trattato nel saggio Il mito di Sisifo di cui Lo Straniero costituisce la perfetta trasposizione romanzesca. Sono l’occupazione nazista e la Resistenza a fargli scoprire un valore positivo, la Rivolta alla quale “la natura umana dà un senso e i suoi limiti” . A essa si ispirano le opere dell’immediato dopoguerra, La Peste (1947) e L’uomo in rivolta (1951), peraltro all’origine della rottura con Jean Paul Sartre e gli ambienti intellettuali francesi. Per Camus, la rivolta è una protesta, un rifiuto, un appello dell’uomo contro gli eccessi del suo tempo. Vivere è far vivere l’Assurdo. Farlo vivere è prima di tutto guardarlo. Una delle sole posizioni filosofiche coerenti è proprio la Rivolta, cioè il rimettere in discussione a ogni istante

Tre inediti di Imperatrice Bruno

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  * Ora non resta che agitarci agitare, rimare- quasi- le nostre bocche aperte al freddo che ci piange. Non mi resti che tu lontano, mio, e una città di ghiaccio che prude nel corpo tuo, mio oh mio, eppure tu mi resti. * Distante è il navigare dei suoi occhi. Fugge il ghepardo, sfugge il grido alla preda. Il collo gonfio di fame stringe il respiro tollerante, d'essere uomo o donna la cima è smussata. Non c'è legge nell'arena sinuosa, nel mare che mi nega. Animale sono al suo corpo e al suo richiamo, i suoi occhi distanti il pugnale che mi sgozza e mi ostina. * I miei seni sono in piedi nella notte, nella piazza desolata che ci stringe; torri che fanno guardia tendono il collo, il mento, al presagio del tuo arrivo. Cercano la mano lenta, l'arma: l'acqua di luna che ti scherma gli occhi. Alla fine della strada che te a me conduce brilla - in petto, soldato- un lungo faro chiaro. NOTE BIOBIBLIOGRAFICHE Imperatrice Bruno , poetessa campana classe 2001. Studentessa di ec

Il canto della balena

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L'orizzonte s'allontana se lo sguardo vi si appoggia, Oltre la curva del mare, là, dove lo sguardo non può ch'esser sostituito dall'intuizione, emerge sempre il mostro-amico delle nostre potenzialità. Allora chiudi gli occhi  e ascolta la risacca, non c'è orizzonte che non contempli  il ritorno e il dono, la conchiglia che suona le melodie di Poseidone. Un ritorno a spirale alle danze blu delle meduse e al canto arcano della balena.   Foto di Noelle Ozwald Sergio Daniele Donati - inedito 2022

Un sogno

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Apriva le braccia come ali e mi indicava un cielo indifferente. Mi toccavo i peli della barba chè è troppo facile  dimenticarsi del corpo di fronte al simbolo. Fu allora che compresi  che attendeva solo  un mio abbraccio. Foto di Noelle Oszwald  Rielaborazione grafica di Sergio Daniele Donati

(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 07 - Per una lettura de "Ogni persona ha un nome" di Zelda Schneersohn Mishkovsky

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  A cura di Sergio Daniele Donati Zelda Schneersohn Mishkovsky, in ebraico: זלדה שניאורסון-מישקובסקי‎, più famosa come Zelda (Dnipropetrovs'k, 20 giugno1914– Gerusalemme, 30 aprile 1984), è una poetessa israeliana di origini est-europee. (per notizie sulla sua biografia si rimanda a questo  link ) La sua poesia è densa della religiosità tipica dell'ebraismo Ashkenazita e di richiami ad una modernità che non rinnega le radici del passato. Leggendone i tratti non è difficile riscontrare tracce di un certo misticismo ebraico che però non si traduce mai in simbolo di difficile comprensione; anzi, diviene forma di dialogo col lettore, capace di svelare ciò che il lettore stesso, nelle sue profondità già conosce. Nella sua poesia « Ogni persona ha un nome », di cui si riporta sotto il testo, nella mirabile traduzione di Sarah Kaminski e Maria Teresa Milano , questo appare evidente. Ogni persona ha un nome (di Zelda Schneersohn Mishkovsky) Ogni persona ha un nome datole dal Signore da

Steppenwolf (divertissement)

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Vi prego, mia Dama, non badate ai miei piedi rozzi e al passo da montanaro  che porto in una così fine danza. La discesa dalle stelle solitarie e fredde alle braci dei vostri occhi è stata troppo veloce e, se odoro di cometa, non dovete temere. Io qui voglio farmi pianeta - anzi satellite - e voi, che ora ridete per le mie strane parole, astro benevolo.  Insegnatemi a danzare  le danze della seduzione che d'essere il naufrago del firmamento non ho più forza.  E quel sorriso che vedo aprirsi nel vostro volto di luna già mi parla del vostro progetto di conversione di un Steppenwolf ¹ in uomo, col mio assenso. ¹ dal tedesco «lupo della steppa», è il titolo di famoso romanzo di Hermann Hesse

Un sogno

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È una sorta di reflusso represso una voce di pietre e licheni un miagolio di notte un'assenza d'azione, senza interpuzioni né verbo osservare dei tronchi nei boschi la sola corteccia, la voce di quel sogno ricorrente. Nebbie e muschi e un ruscello sotto un cielo color indaco e un gorgoglio indistinto che sussurra: « non hai ascoltato abbastanza; non è qui la risposta» . E non si scosta il mio sguardo immobile dalla corteccia bianca della betulla, ché forse a me piace soltanto porre domande inutili a chi non sa rispondere. Sergio Daniele Donati - inedito 2022

(Redazione) - Dissolvenze - 06 - Chewing Punk

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A cura di Arianna Bonino Ho cercato sul mio vocabolario etimologico – sempre a portata di mano – la voce “punk”, ma non l’ho trovata e allora ho ripiegato su “punch” che però, essendo, come ricordo dai tempi della nonna - che oltretutto lo chiamava “punch” con la “u” – essendo, dicevamo, una bevanda preparata con acqua bollente, rhum o altro liquore, zucchero e scorza di limone – la nonna lo faceva col Mandarinetto Isolabella e lo serviva in quei terribili bicchierini di vetro con manico in ferro, di una scomodità crudele - essendo il punch, dicevamo tale torturante pozione, a differenza del termine “punk”, la cui etimologia al momento rimane ignota, il “punch” affonda invece le sue origini linguistiche nel “puncho”, che compare, a quanto pare, per la prima volta come “ponchio” nel 1745, a sua volta rifacendosi all’inglese che lo sfodera già nel 1632, avendolo mutuato e tramutato in britannico dall’hindi pā ñc , che poi è un numero e quindi indica con onesta franchezza che servono cin

"La immaginavo tonda"

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  "La immaginavo tonda  da bambina la vita", avvocato, " tonda e felice". Io ascoltavo e avrei voluto accendermi una sigaretta, ma non si poteva, perché certi racconti ti riempiono di fumo gli occhi e non serve fingere un distacco che non riesci ad avere.  "Le infanzie rovinate, le infanzie rovinate"  ripeteva la mia mente mentre la donna continuava il suo racconto.  "Ora ho paura di tutto e quel mostro, anche se l'abbiamo reso innocuo, mi ha rovinato il cerchio " . E vorrei dirle di farsi aiutare, che esistono associazioni alle quali posso introdurla per superare il trauma.  Ma ha lo sguardo fisso, vitreo, senza vita, di chi non trova più senso in nessuna parola di conforto.  E poi quali parole, Avv. Donati? Quelle che ti si strozzano in gola insieme al ricordo di un bambino che urlava di notte per la paura del buio, in una casa di periferia dove tutto sapeva di un dolore non detto dai sei milioni di nomi? Quali parole? Quelle che riconoscon

Resh

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  Foto di Sergio Daniele Donati Arriva ventesima una lettera fatta di resine e cortecce, le cui radici di fuoco rendono braci vitali i segni della decomposizione. Ti china la schiena, in ossequio allo sguardo, che lento si fa ampio e percepisce l'immensità d'un orizzonte in continuo movimento. Ogni principio vitale  dimora nell'etica della trasmissione e ogni inizio contempla un sigillo, poco più là; a permettere un nuovo ciclo. Arriva ventesima quella lettera perché solo chi ha conosciuto  la fallacia dei richiami degli altari e sconfessato idoli e maschere di cera trova in quell'orizzonte lontano i primi segni della diluizione  del suo nome nel coro delle voci delle stelle. È una lettera che si bisbiglia di notte perché il principio del sogno ci raddrizzi al mattino la schiena, sull'asse etico di una mano che, aprendosi, mostra il palmo.

Due poeti allo specchio (Annalisa Mercurio e Sergio Daniele Donati)

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  STASI È come un walzer il ritmo della stasi degli oggetti. Un tempo per osservare, un tempo per dirsi altrove, un tempo per tornare. Una penna appoggiata al tavolo è ciò che ha scritto, ciò che non ha scritto, ciò che scriverà. Così la nostra esistenza tiene quel ritmo calmo, che nemmeno l'affanno, nemmeno il sigillo alla madre che ti guarda di lontano, riesce a coprire. La vita è sempre in tre tempi; e ciò che è stato, e ciò che è, e ciò che sarà di un uomo che più scrive e meno comprende; di un uomo che meno comprende e più scrive. SERGIO DANIELE DONATI - INEDITO 2022 Possiamo ancora giocare e spostando oggetti decidere dove far cadere il battere e il levare. Possiamo cambiare partiture muovendo l’ordine e il peso delle cose, cambiandone le sequenze le vedremo sotto nuova luce. Muterà la percezione delle ombre e delle onde nello spazio che rimane. Metteremo accenti, pause, cambieremo strumenti e chiavi; affinché il ritmo lento di ciò che eravamo, di ciò che siamo e sarem

Stanze dell'ovvio

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Come vuoi che reagisca  un corpo rifiutato se non nella fuga; lontano da sé;  possibilmente nella nebbia? E come vuoi che agisca un corpo accolto nell'abbraccio se non nella cura della mano che lo scioglie? Sul biliardo rotola senza rumore la boccia rossa; è verde, sul tappeto, il mio sguardo maturo sulla geometria dei sentimenti. Mi chiedi perché indosso la Kippah ¹ solo la sera, prima di dormire. Un qualche velo antico dovrà pur proteggermi dall'irruenza dei miei sogni e permettermi il ritorno. Mente e corpo non sono mai disgiunti, se non, forse, quando la mente dimentica che il corpo è la sua antica dimora. La primavera affascina  e spaventa per la sua prepotenza, cancella coi primi soli la fatica invernale  del radicamento. Sergio Daniele Donati - inedito 2022 Foto di Sergio Daniele Donati ¹ Kippah: tipico copricapo ebraico