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Stanze de "Masaccio, lo sguardo sull'Altrove "

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Guardano sempre altrove quei volti sovrani e porgono in dono briciole di consapevolezza. Sono sguardi strabici la cui simmetria  si pone fuori da un tempo tiranno. E ci esortano all'abbandono d'ogni fragile certezza, ché non si varca quella soglia con la baldanza del guerriero. Uno strabismo etico e sobrio, perché resti segreto  e stretto l'accesso al gioco di una presenza sottile e d'aria. Il reame dell'Altrove s'apre al nostro passo quando il nostro sguardo si fissa sull'indefinito nel luogo sfocato ove ogni dubbio si placa e, privi d'ogni tensione di conoscenza, ci abbandoniamo al Suono; certi che non esiste  peccato più irrimediabile d'uno sguardo fisso ed ebete sul centro infuocato del creato. Sergio Daniele Donati - Inedito 2022 Nelle foto opere del Masaccio

Kaf

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Eppure qualcosa protegge e avvolge e vibra. Qualcosa ci alza lo sguardo e ci fa recitare lenti l'elenco dei doni. Una membrana sottile  di luce protegge ogni creazione dalla mano che cancella, la dolce penombra  dall'abbaglio. 

Il rimpianto del tallone

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Foto di Sergio Daniele Donati Sempre mi sono chiesto, tra un passo e il successivo, perché una parte di me rimpianga il luogo che il tallone abbandona.  Sono incapace d'avanzare incosciente della perdita. Ho imparato poi, questo sì, a varcare senza rimpianto la soglia del sogno, a entrare - di nuovo bambino - nella stanza senza tempo delle biglie e delle carte antiche. Così, per dire a me stesso che esiste ancora il profumo del futuro. Sergio Daniele Donati - inedito 2022

Kerameikos di Isabella Bignozzi

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Isabella Bignozzi Nasce il respiro duro dai giorni del taglio. Il frangersi degl’involucri, le unghie nella sabbia, i piedi sulla roccia bruna. Nelle cose taglienti il dolore s’apre il varco allo sterno, nel margine obliquo, che dà forma al nero. Senza corpo, senza luce. Giorni di cui non si ricorda il passo, ma il catrame alle suole, la ferraglia rotta nel fosso, le sagome cupe al vetro. Bocche di pesce. Nel buio degli alberi, un bosco. Finestre come portali. Riquadro di pioggia, riflesso di fiamma, nel tremore. Si solleva il mento con gli occhi vuoti, senza orizzonte, senza soffitto. Non le mani arcuate dalle vene, non il caldo del fiato, ma il margine affilato dei tetti, il grido dei corvi. La ghiaia bagnata, il vaso rotto nel gelo, gli uccelli sulle gronde. Rami intrecciati di rancore. È qui, nel tedio del vento, l’uscio di una casa vuota, che sbatte le imposte sul retro. Qui le ciotole di polvere, i ricordi come stoviglie sporche, un grigio che ferma le mani sul tavolo. Non ci sar

(Redazione) Specchi e labirinti - 04 - L'Orfeo senza Euridice di Davide Zizza

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  A cura di Paola Deplano Orfeo è sciamano, dio smembrato, padre dei poeti, sposo inconsolabile e avventato, uomo che ama altri uomini, fondatore di culti misteriosi e misterici, testa senza corpo che tuttavia profetizza da una luoghi sconosciuti. Naturalmente non è mai esistito, ma esiste negli scritti di Virgilio , Ovidio , Rilke , D’Annunzio , Campana , Miłosz , Browning , Pavese , di tanti altri che non so - e di Davide Zizza . Era il 2012 – per la precisione l’8 marzo – quando Davide Zizza pubblicava sul litblog Poetarum Silva un articolo dal titolo Orfeo ed Euridice (O sulla moltiplicazione letteraria del mito) . Si tratta di un pezzo dal taglio comparatistico, in cui vengono affiancati tre autori: Ovidio, Browing e Pavese , che presentano sostanziali differenze d’interpretazione del momento cruciale per la vita di Orfeo, vale a dire l’attimo in cui Euridice è persa per sempre. In Ovidio, tradizionalmente, è il troppo amore del marito che lo fa voltare prima del tempo, facendogl

Stanze del velo

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Quante volte ho dimenticato, trascinato via dal sogno, che non c'è cielo più striato  di promesse color indaco che dire: "io proteggo". Là stava un filo teso  tra Oceano e Aldebaran; mi apprestavo a percorrerlo - il piede nudo e senza rete - sorretto solo dai graffi dell'abbandono Il velo copre - e la cecità sostiene - chi rifiuta la statua di sale alle sue spalle e porta - sulle spalle - il peso d'un futuro nemmeno intuito Ci volle il sogno   per trascinarmi via dalla litania che ripeteva solo il mio nome; dirsi per negarsi; dirsi  per negare il soffio dell'altrove. Il futuro non è l'attimo che segue - quello è il presente tra poco - Il futuro è il legame dorato con ciò che è bene resti  estraneo, per poterci dire vivi. E ci si allontana  dalla propria stessa ombra come s'allontana la cometa dalla propria coda; assenti a se stessi, finalmente. ______ Tutte le foto che hanno ispira

Iod

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Iod di Sergio Daniele Donati Se guardo negli occhi un bambino si scioglie in un istante La mia resistenza al futuro.

Tet

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Tet di Sergio Daniele Donati Entrare in un mondo altro - quello che ci portiamo dentro urla, come un cagnolino il suo desiderio d'essere portato a passeggio - è un passo lento. Il saggio sa cosa lascia e memorizza i passi di ritorno per non perdersi nella selva delle seduzioni. Io, che saggio non sono, ricordo che quando  cercai di varcare, incosciente, per la prima volta quella soglia fui fermato dalla mano salda del mio Maestro. Si perdevano in un ricordo salato e umido i suoi occhi mentre mi diceva: Non ancora Sergio, non sei pronto.

Due poeti davanti a Man Ray (Rita Bonetti e Sergio Daniele Donati)

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Man Ray. Donna dai capelli lunghi, 1929 IN EQUILIBRIO SU UNA RAGNATELA (di Rita Bonetti - inedito 2022) Mi allontano dai miei fantasmi prima di svelarne i segreti danzo in equilibrio su una ragnatela prendo le distanze dall'odore di muffa dei giorni da grumi di ricordi inamidati il silenzio sbarra la porta alla parola la carne che si fa piaga e consunzione poi una stanza vuota Mi capovolgo per non sprofondare batte il sangue nelle tempie apre un varco e attraverso tutto l'universo in un respiro solo __ E SE FOSSE VERO (di Sergio Daniele Donati - inedito 2022) È come una cascata la discesa a terra d’ogni simbolo. Là, tra aghi di pino e canti di lucciola, finalmente s’è quietata la mia ansia di vivere. E, se non percepivo la tela, c’era un ragno; mi guardava con occhi pelosi e pareva dirmi: «non è il simbolo a creare inganno. Tradisce la parola e va lontano se sogniamo che abbia un solo significato».

(Redazione) Letti da Francesca - 04 - "Quel luogo a me proibito" di Elisa Ruotolo (Feltrinelli Editore, Marzo 2021)

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A cura di Francesca Piovesan Quali sono i luoghi proibiti?  Chi proibisce?  Chi obbedisce al divieto? Elisa Ruotolo , in questo romanzo, porta sulle pagine un io narrante, una prima persona, una donna. Una bambina di un Sud Italia nei dintorni di Napoli, che cresce con il mito dell’obbedienza, della severità, della perfezione, della pulizia dentro e fuori, del candore. Quello che le viene precluso, e che imparerà a precludersi, è il desiderio, la volontà di desiderare.  La possibilità di accompagnare un corpo lungo la propria età, di amare e farsi amare, di donarsi senza riserve a un’altra persona. L’educazione sessuale e sentimentale di una bambina che vede nel maschio l’impuro, l’approfittatore, il lupo che sgozza l’agnello.  Una bambina costretta a cambiare canale se alla tv passano scene di nudo, un’adolescente che in un autobus scolastico caldo e sudato vede dal finestrino Imma, che consapevolmente ama per poi rigenerarsi dopo ogni notte, una compagna di classe che tradisce l’amic

Stanze della Moabita (in quattro versi)

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T'allontani sempre più dalla mia tristezza e prendi il nome ch'io avevo prima della nascita Intanto io cedo alla natura, indifferente, essenze minerali e spazi siderali Si divarica la distanza tra limbo e paradiso e restiamo legati dal solo filo del ricordo Là ove prima esisteva un noi fertile cresce solitario l'albero della testimonianza E non c'è fine, né inizio alla luce del sole che degrada. Solo l'antichità d'un silenzio che prepara nuova speranza Coglieranno i frutti d'un cammino dimenticato la poiana del deserto e la Moabita, davanti al pozzo. Eleverà lei, come sempre, il suo canto d'unione che rende lo straniero prossimo alla trasformazione. ____ Foto e testo di Sergio Daniele Donati

La vendetta di Odisseo

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Ho provato sinora a cantare il canto monotonico dell'assiolo sul crinale seducente della voce dell'indicibile. E non mi fu facile  schivare le sirene  - il mio albero non era maestro e miei compagni troppo facili ad allentarmi i lacci. Né di me si può dire  che abbia seguito  la verità celata nel canto del ritorno. Non fu astuzia la mia guida - questo lasciatelo pensare ai falsi ermeneuti. Se sono qui, Proci, mentre imbraccio l'arco, è per ricordarvi - per ricordarmi - che niente può essere mai come prima del viaggio. Alzate dunque, se volete, alte le vostre urla e spaventi. Ma siate onesti almeno ora, prima del vostro ultimo respiro: ciò che per voi è ora terrore non è il mio ritorno ma il viaggio che la mia venuta vi impone.

Tre inediti di Andrea Casoli

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TI SEI PORTATA VIA Ti sei portata via la notte scorsa un attimo di eterno senza dirmi dove conservi tutti i nostri istanti. Nel caso mi servissero se piangi, ti prego, dimmi il posto, fallo apposta, che m’hai nascosto proprio per mancarmi. La notte non si chiude con un bacio: finisce solo quando sono andato. POTERE Potere estrarre il cielo dal tuo viso, un pizzico soltanto, per sollevare gli occhi se mi manchi, e già mi manchi tanto, e rivederti azzurra quando azzurra risplendi in altri mondi. Potere estrarre il mare e gli altri sfondi in ogni foto nostra, fare guerra a tutto il tempo perso non avendoti incontrata. Potere lasciarti un bacio senza ripartire. ECCOTI QUI Eccoti qui, tesoro mio, qui dove ogni parola detta non si muove e resta in questi battiti, commuove. ____ BREVI NOTE BIO- BIBLIOGRAFICHE ANDREA CASOLI , nato a Reggio Emilia nel 1972, si trasferisce nel parmense con la famiglia nel 1974. Laureato in economia e commercio e padre di 3 bambine dopo aver scritto p

Oblivion - La fine

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Pensavo fosse conclusa la spirale eterna e d'aver raggiunto al centro la stasi, nell'attesa d'un moto contrario; d'uscita. Avevo deposto pennini e inchiostri, come si depone un'intenzione, e archiviato sul computer ogni richiamo a una musica che torna su stessa a cercar strazio. Perchè la parola rivela a ogni suo passo l'esistenza dell'indicibile e batte il tempo col piede nervoso del suo desiderio di danza. Arriva presto il momento in cui dei tessuti laceri non puoi che tacere, e affidare al sogno l'illusione della rinascita a un infanzia mai vissuta. Erano illusioni del color del miele. Annegano in questa finzione la natura e l'uomo a ogni soffio d'aprile; come avrei potuto io esser diverso? Fu dunque proprio il suono senza tempo del mondo che risorge a ricordarmi il timbro d'un abbandono troppe volte vissuto. Lo stesso giallo della forsizia, si sa, tinge le foglie a terra d'autunno. Così si riattiva la catena; un addio minore riapre la

(Redazione) Lo spazio vuoto tra le lettere - 04 - A mano libera (sul silenzio tra le lettere)

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  A cura di Sergio Daniele Donati Avvertenza: questo articolo è stato scritto di getto ascoltando, durante tutta la sua stesura, il Concerto Numero 2 per piano e orchestra di  Sergei Rachmaninoff nell'esecuzione di Evgeny Kissin.  Ne segue pertanto ritmi, tempi e, in un certo senso, anche gli umori. Guardo le mie mani. Sono vissute e piene di segni e macchie. Le guardo con un certo orgoglio, come Anna Magnani guardava le rughe sul suo volto.  Sono le mani che hanno tenuto in braccio mio figlio, appena nato, lo hanno pulito e nutrito. Sono le mani che hanno amato e carezzato e poi picchiato pugni di rabbia contro il muro.  Sono le mani che hanno tenuto per vent'anni una spada di legno e hanno fatto volare alti in cielo sogni di completezza e unione.  Sono le mani che hanno tenuto una penna in mano per infiniti minuti e per infinite ore hanno girato pagine di libri polverosi. E sono dita - piccole e un po' ancora bambine - che si sono tagliate con la carta milioni di volte, p

L'abbandono ben temperato (Notturna)

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Su musiche di J. S. Bach "Il clavicembalo ben temperato" Esec. Scistoslav Richter (1969) Lo spostamento delle galassie e la loro forma a spirale son governate da leggi per me arcane. So però che per allontanarsi tra loro  impiegano milioni di anni. L'abbandono non si crea mai in un baleno e il pieno  non si colma di vuoto in un istante. Tutto qua.  Mi chiedi ora di accettare  in un battito di ciglia  la fine, e par che ignori  i secoli impiegati dalle mie palpebre per alzarsi  e poter accogliere  tra le mie ossidiane il progetto d'un amore. Tutto qua; già, tutto qua.

Fuochi Fatui (a Man Ray)

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Dillo piano Aspetta; dillo più piano, che sia un sussurro il tuo parlare della fine. Surreale Nulla è più surreale del guscio vuoto della lumaca nel bosco. Fuga (dal Kyrie del Requiem di Mozart) L'unica fuga in cui  si prevede un ritorno è quella che cantano gli assenti. Cigno Non ti chiedo, mio cigno, le ragioni del tuo collo. Perché mi domandi allora quelle della mia scrittura? Alza la mano Alza la mano il profeta a tacitare del mondo il brusio, incosciente del futuro. Maschere La maschera che indossi  cade la sera; così i miei sogni, alle luci dell'aurora. __ Tutte le poesie sono inediti del 2022 di  Sergio Daniele Donati Tutte le foto sono di Man Ray.

Il ritorno

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Portone della Abazia di Chiaravalle - particolare Tornare,  con lo sguardo basso ma non diminuito, uno sguardo che cerca a terra semi di rinascita; uno sguardo bambino  - e dove sarà mai finita quella biglia, quella di ceramica, la preferita, regalo di papà. Tornare come l'onda  depositando conchiglie su spiagge deserte, dove il paguro  mostra la sua buffa tenacia al mare, indifferente. Tornare allievo col rammarico di chi troppo a lungo  è stato strappato al mondo dal sogno di poter insegnare qualcosa;  al mondo. Tornare a guardare il proprio figlio e scorgere in quei baffetti e in una voce che cambia il suo futuro di uomo saggio che non dimentica ancora  vagiti neonati. Eterno non è il ritorno.  Eterno è il canto; la stella che muore lasciando a chi  ne osserva di lontano per milioni di anni l'illusione della luce.  Il ritorno è un lampo preparato da eoni di mancato ascolto. Bisogna saper andar via, aver abbandonato armenti e amore e casa paterna per poter tornare

Dialoghi poetici coi Maestri - 30. Paul Éluard

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Liberté ô vertige et tranquilles pieds nus Liberté plus légère plus simple Que le printemps sublime aux limpides pudeurs. __ Libertà o vertigine e quieti piè nudi Libertà più leggera più semplice Dell'aprile sublime di limpidi pudori (Paul Éluard - da Les Mains Libre  In "Paul Éluard - Poesie" La vita felice edizioni Traduzione di Franco Fortini) ___ Ils sont si vagues  et sans un regard  nos accents  sur le poids de la terre noire;  beaucoup plus délicat, Paul,  et sublime  c'est savoir se pencher  sur les accents opposés  de la légèreté du papillon  de la liberté. ___ Sono così vaghi e senza sguardo i nostri accenti sul peso della nera terra; ben più delicato, Paul, e sublime  è sapersi inclinare su gli opposti accenti della leggerezza della farfalla  della libertà. (Sergio Daniele Donati - Inedito 2022 -  Traduzione dal francese dello stesso autore)

(Redazione) - Dissolvenze - 03 - Al buio (su Evgen Bavčar)

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A cura di Arianna Bonino Goodbye If you are still alive when you read this, close your eyes. I am under their lids, growing black. Bill Knott AL BUIO ­­­­­­­­Ogni giorno, per almeno un’ora al giorno, sono cieca. Non parlo del sonno, lì ci sono i sogni e non hanno a che fare con questa storia. O forse sì, vedremo… Per un’ora al giorno sono cieca. È un tempo che si consuma in piccoli frammenti, per essere precisi, dodicimila, ogni giorno. In quei quattromila secondi sparpagliati nelle ore, chiudo gli occhi. È una cosa naturale, necessaria. Serve per i miei occhi, per bagnarli, per detergerli, per proteggerli dall’eccesso di luce. Ma anche il mio cervello ne gode, sospendendo la raccolta incessante d’immagini che si scaraventano continuamente nello sguardo che guarda e che generano pensieri, reazioni, memoria da archiviare. Sono dodicimila istantanee mancate, a pensarci bene. Dodicimila perdite di vista. Non posso sapere cosa accada realmente là fuori per quell’ora al giorno, in quei dodi