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Nel deserto della parola

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Li ho percorsi tutti i luoghi dell'oblio dove la parola prende  la forma del cardo e diventa spina e sangue; non solo per il pavido.  E ho camminato su pietre aguzze, sostenuto da un solo silenzio, da una tenace visione: il luogo da percorrere nel silenzio, - ove si secca ogni dire - non è la mia dimora. La terra e gli inchiostri  che mi avevi promesso erano lontani, ma tenevo già pronte  nelle tasche della sacca le mie pergamene e i miei pennini: il luogo dove scriverò del silenzio percorso, là sarà la mia dimora.

Dialoghi poetici coi Maestri - 29. Paul Celan

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MANDORLA di Paul Celan Nella mandorla – cosa sta nella mandorla? Il nulla. Nella mandorla sta il nulla. Lì sta e sta. Nel nulla – chi sta? Il re. Lì sta il re, il re. Lì sta e sta. Ricciolo ebreo, non diventare grigio. E il tuo occhio – per dove sta il tuo occhio? Il tuo occhio sta davanti al nulla. Sta verso il re. Così sta e sta. Ricciolo d'uomo, non diventare grigio. Mandorla vuota, blu regale. MANDORLA di Sergio D. Donati Sono sei milioni di gocce, Paul, e scivolano lontano - sempre più lontano. Ci concediamo mille e una volta - come nelle fiabe notturne dei nostri cugini - l'onore assurdo - crepa in un ghiaccio ossimorico, luce nella cecità omerica - di ricordarne i nomi. Ma sono gocce, e scivolano, lontano dai nostri segreti, e il loro attrito sulle nostre pelli, figlie di plumbei camini  e del silenzio che strazia, lascia ustioni - e numeri - in eterna memoria. Non so cosa ci sia  nella mandorla, Paul, ma conosco il dolore acido che mi causa quando sfiora q

Due poeti allo specchio (Mattia Cattaneo e Sergio Daniele Donati)

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Mattia Cattaneo - Autoritratto una voce di pianto nelle ganasce della notte tentando di dirti le parole che avevo in testa le ombre erano troppo bellicose per potersi guardare indietro ma tu avresti gridato lungo i corridoi un tempo di plastica caduto a brandelli il bianco non fa obiezioni. (Mattia Cattaneo - Inedito 2022) ____ Sergio Daniele Donati - Autoritratto C'è una malizia - e una sapienza antica - nel saper celare i segni del passato nel vuoto pneumatico dei corridoi dell'infanzia. Non sai quante volte ho chinato lo sguardo per non gridare il desiderio che qualcuno mi dicesse: "Urla, ti ascolto". (Sergio Daniele Donati - Inedito 2022) ____ Brevi note bio-bibliografiche Mattia Cattaneo Nato a Trescore Balneario (BG) il 31-07-1988, Mattia Cattaneo abita a Treviolo (BG) ed è laureato in Scienze della comunicazione. Lavora come assistente educatore presso una cooperativa . Ha tenuto alcuni laboratori teatrali per le scuole primarie. Collabora con l’att

(Redazione) Specchi e labirinti - 03 - Dialogo con Florbela Espanca

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A cura di Paola Deplano Sono figlia dell'amore, o piuttosto dello scandalo. Mio padre era sposato con una donna, ma ha fatto i figli con un'altra. Due, per la precisione. Me e mio fratello. Questo, alle soglie del 1900. Sin da piccola, ho creato poesie, prima ancora di scriverle. Ricordo lunghi pomeriggi passati sotto il tavolo, a canticchiare nenie interminabili. Dicono che fossi intelligente. Può darsi, visto che sono stata una delle prime donne laureate del Portogallo. Questa presunta intelligenza, però, invece di facilitarmi la vita, me l'ha resa più complicata. Ciò che per chiunque era scontato, per me diventava impossibile, perché analizzavo i pro, i contro, le conseguenze e le catastrofi di qualsiasi decisione, persino la più semplice. Dicono che fossi bella, anche se io mi sono vista sempre brutta. Agli uomini piaceva il mio sorriso. Dicevano tutti così, sembrava si fossero parlati l'un l'altro. E se hanno detto tutti la stessa cosa, doveva essere vera. Per

Un rêve

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Era carta oleata e azzurra il cielo, e quell'uomo  mi diceva piano che non esiste lingua per trascrivere un sogno.  Gli rispondevo ridendo ch'era tutta la vita  che lo facevo, che lanciavo sogni  e progetti in aria, come il giocoliere i birilli. L'uomo diventava serio e indicava la gabbia del circo. Dentro la tigre sembrava stanca e i suoi ruggiti  sembravano provenire da un amaro ricordo. Sergio Daniele Donati - Inedito 2022

Vieni

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Foto di Sergio Daniele Donati Vieni, non perché io chiamo, né perché taccio come tace il gatto quando osserva il vuoto. Vieni perché natura grida e risveglia. I verbi del movimento - cominciare e percorrere e arrivare - sono già pronunciati forte dal lento passo del millepiedi sul muro. Vieni, in altre parole, come se, alla fine del percorso,  io non ci fossi - come se non ci fossi mai stato -; come se il suono d'un richiamo antico non ti avesse dato il moto del passo sonnambulo, la sera.

"Camminiamo avvolti"

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Foto di Sergio Daniele Donati "Camminiamo avvolti da misteri insondabili"; ¹ ci copre una coltre di buio che ci scalda e ci fa dire d'ogni nostro inciampo: “Mi sono sbucciato le ginocchia sulle radici dell'Albero del Vero". E quell'albero ha dita e rami intrecciati dal sospiro d'un Dio che veste la maschera dell'imperfezione per rendersi intuibile alle sue creature; cieche. E così, se inciampando e cadendo di faccia  su cocci e teste ci sanguina la fronte, dovremmo sorridere della nostra scarlatta partecipazione alla costruzione di appigli per passi altrui; non vedenti. Camminiamo avvolti da misteri insondabili ed è un bene che si senta ancor freddo, ché quella coltre, quel vello di canapa,  molto più prezioso dell'oro, scalda di sacro le nostre ossidiane  e porge benedizioni e segni ai figli del sogno; in lingua antica. ____ ¹ Citazione tratta dal film «Niente è come sembra» - Franco Battiato 2007

Il Maestro

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Foto di Sergio Daniele Donati Mi dicevi di non posare lo sguardo, Maestro, sulla punta della spada; mai, nemmeno per dichiarare al mondo il profumo di un'esistenza. Comprendo ora  questo insegnamento, tanto simile a quello che mi fa parlare dello spazio vuoto tra le lettere.

Il tuffo

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Foto di Sergio Daniele Donati Mi soffermo sulla luce cullata dalla tenebra e sulla speranza  che colma e fiacca ogni scintilla d'evanescenza.  Dedico all'Altro il respiro prima dell'apnea, prima del tuffo  tra i coralli dell'oblio perché resti traccia nella memoria del mondo di ciò che crea spazio alle voci dell'assenza.

Tu sai di cosa parlo

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Tu sai di cosa parlo quando il mio dire  inclina al silenzio nell'ora che altri hanno detto intenerire il cuore. E sai cosa taccio quando il mio sguardo  si perde lontano dietro orizzonti densi e naufraga inciampando, profugo, come il passo d'un Enea eradicato e senza padre  sulla schiena. E sai che sono schiavo d'una parola tiranna  che vorrei soffocare  con le voci primaverili dei bambini nei parchi. Sai e taci le ragioni profonde del mio zittimento. E canta in quell'ora il merlo il canto che prepara  ancora una volta  la lezione monotonica e mistica dell'assiolo.

(Redazione) Letti da Francesca - 03 - Omar Di Monopoli , Brucia l'aria (Feltrinelli Editore - ottobre 2021)

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A cura di Francesca Piovesan Nell’ultimo libro di Omar Di Monopoli, non brucia solo l’aria di Torre Languorina, ma brucia ogni singola parola che l’autore sceglie di utilizzare per descrivere la sua contea salentina. Se c’è una cosa che caratterizza queste pagine è proprio l’uso della lingua, la ricerca certosina del vocabolo, una commistione di italiano aulico, desueto e di dialetto locale.  Una lingua utilizzata per descrivere, per rendere reali e sensibili, ossia percepibili dai sensi, i luoghi di una Puglia secca, calda, irrespirabile, immersa in bagni salati di sudore, irrecuperabile se non per un sentimento di amore romantico che ha il suo fulcro in Rocco, uno dei protagonisti. La famiglia Caraglia è quella che si agita, e molto, sullo sfondo. In un intreccio di passato, estate anni Novanta, e presente, egregiamente narrato anche da una voce terza, le pagine raccontano le tre generazione dei Caraglia: il padre, Livio, primo contadino a diventare pompiere, figura ambigua a metà st

La chiamata

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Dona calma a chi chiama  il suono d'un nome, senza risposta. E impara, chi chiama,  a confondere - col tempo - quel nome col lenimento  dell'assenza. Dona calma a chi è chiamato una voce lontana che sussurra il  suo nome senz'attender risposta. E impara col tempo, il chiamato, a usare il silenzio come messaggero di presenza. Entrambe le foto sono  di Sergio Daniele Donati

Al Maestro - Trittico

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1 Ci scava gli occhi - e ne risucchia la luce - percorrere come talpa, sottoterra, gli umidi territori della nostra falsa coscienza. Abbiamo bisogno dell'abbaglio - d'una intuizione puerile - per dirci degni della falsa imago  che abbiamo  della cecità d'Omero. 2 Del Ciclope ci meraviglia l'ottuso passo, l'incapacità di trovar senso nel gioco che la Parola fa con le intenzioni del Rapsodo . La cecità del figlio del dio del mare  non è figlia del gesto di Odisseo , ma di una assenza originaria - ci vogliono due occhi per raccogliere  sotto al limo della forma la gemma preziosa dell'ironia. 3 Eppure continuo ad arrendermi al canto delle sirene  e non mi lego a nessun albero, Maestro, dal giorno in cui la tua voce è tornata al Silenzio che l'ha generata.  Tutte le foto sono di Sergio Daniele Donati e sono state scattate  al Museo Archeologico di Atene

Su "Elegia Ambrosiana" (Collettivo K - Divergenze ed.) - recensione di Sergio Daniele Donati

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Quella che state per leggere non è una recensione, né un commento a un testo che mi ha lasciato sbalordito; nel silenzio. Anzi, del testo parlerò davvero poco. Ciò che sto per scrivere è un tentativo di sintonizzazione , come facevo da adolescente con le vecchia radio internazionale che avevo ricevuto in dono da papà, girando il manopolone finché non riuscivo a beccare qualche strana stazione di Zagabria o Kiev. Leggo sul testo di Elegia Ambrosiana (Divergenze ed) del Collettivo K che “i membri di tale collettivo, gruppo di street poetry dal 1981, affidano i loro lavori a gessetto a selciati, mura e marciapiedi, perché non lascino segni sulle superfici. […] Tutti i componenti del collettivo sono stati e voglio restare anonimi, in linea coi loro componimenti […] Nella silloge del primo collettivo di street poetry d'Italia, i versi miti e infuocati comparsi a Milano e dedicati alla città proprio come un canto, un'elegia ambrosiana […]” . Poesia collettiva? Già sento il canto

Una piccola meditazione

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Foto di Sergio Daniele Donati Sto qui,  seduto a osservare  la dissoluzione del mio nome; ingombrante. Intanto scorrono immagini  e suoni. Portano poesia, sì, ma solo a chi sa dimenticarsi della propria esistenza per il tempo lento d'un eterno respiro. Sergio Daniele Donati - Inedito 2022 Foto di Sergio Daniele Donati

(Redazione) Lo spazio vuoto tra le lettere - 03 - "La guerra è l'elaborazione paranoica d'un lutto" (Fornari, Lacan, Amichai e Ungaretti)

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A cura di  Sergio Daniele Donati “La guerra è un'elaborazione paranoica d'un lutto” dice lo psicoanalista Franco Fornari  nel suo indimenticabile saggio “Psicoanalisi della guerra” (1966) 1- 2 La frase può apparire criptica e sicuramente merita più profonde riflessioni di quelle che questa rubrica può offrire. Ad un primo livello sembrerebbe dirci che, sia per gli individui che per i popoli, guerra e conflitto sono la risposta esteriorizzata ad un dolore e lutto che si è incapaci di elaborare all'interno di sé.  E questo, sempre secondo Fornari, avviene secondo "dinamiche" che apprendiamo in età evolutiva e trovano radice nella paura della perdita della madre.  Il neonato, in altre parole, sente l'esigenza della madre, fonte di vita e nutrimento, per sopravvivere. Questo gli fa percepire una sorta di sdoppiamento perché la persona che gli dà la vita è in grado con la sua assenza,  anche eventuale, di dargli la morte.  Tende dunque, per sopravvivere a scindere

Sottopelle (Stanze)

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1 L'Antico attraversa sottopelle la coscienza, nella parola; e solletica senza sosta sia la memoria che l'oblio. Così il Mito; tace all'uomo  la presenza di Medea e sussurra l'urlo d'Edipo ai figli del pensiero. 2 Eppure c'è chi intona un canto le sere d'estate e pronuncia nomi di rugiada a cortecce e resine, sotto i pini. Là risiede la brezza che risveglia, e la nenia che procede alla conta di sogni e lumi. 3 Tu non chieder senso alle parole dell'Aedo - né armonia alle scale delle cetre del Rapsodo. Lascia, invece, che termini  quest'anno di pece perché stavolta sia data  possibilità di ritorno  dall'Ade, a Orfeo  e Euridice. 4 Il Mito e l'Antico fanno l'amore le sere d'inverno  sotto il pino, e irrorano, tra sudori e profumi di ginepro,  i muschi della speranza che il poeta riconosce nella domanda celata d'uno sguardo bambino.

Non dura

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«La notte» - foto di Sergio Daniele Donati Non dura la notte a lungo; accoglie sempre  striature da fenicottero sulla linea dei pensieri. È in quell'istante che diviene la "notte che prepara", e per farlo si snatura;  sa che la verità risiede nel passo di chi sa osservare granelli di sabbia scivolare dalle mani.

(Redazione) Dissolvenze - 02 - Numeri sulla pelle

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A cura di Arianna Bonino 1 Fu Péter Nádas (nato nel 1942), scrittore e drammaturgo ungherese, ad avere nel 2003 l’incarico di curatore della mostra fotografica allestita al Museo di fotografia dell'Aia, con il compito di delineare lo sviluppo della moderna fotografia ungherese dall'epoca della prima guerra mondiale alla fine degli anni '60; Nádas, prima di dedicarsi alla narrativa, fu infatti fotoreporter e fotografo professionista.  Oltre ai ben noti Robert Capa, Brassaï, André Kertész, Martin Munkacsi e Eva Besnyö, nella mostra furono esposte anche opere di maestri meno noti della fotografia vintage ungherese.  La mostra faceva parte del festival della cultura ungherese che si svolse nei Paesi Bassi con il titolo “Hongarije aan Zee”. Péter Nádas curò quindi anche il bellissimo catalogo della mostra, pubblicato nel 2004 con il titolo: “Péter Nádas e la fotografia ungherese 1912-2003”. Ne ho tradotto un breve passo: «Il negativo deve essere posato su un vetro opaco inclinat

Zain (terzo ciclo)

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Poi una voce, un monito potente: « Vai lontano, verso te stesso, ché non c'è luogo più lontano di "te stesso" nel Silenzio ». Io stavo là, con la "voce-dentro", nel travaso del dolore. «Padre,» chiesi, «perché tradisci il destino di tuo figlio?» Abbassava lo sguardo mentre mi ferivo il torace, pugnale alla mano. Un monito al monito: «Le ferite dei padri  sono numeri tatuati sulla pelle dei figli»