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Passi solitari (Oblivion 2)

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Passi su terreni intimi, nostro vuoto comune; e luci di natale nei tuoi occhi color nebbia milanese. E mani sui fianchi e silenzi densi e suoni lontani, di fisarmonica. Io non so danzare; lo fanno per me lettere e segni. Tu ti muovi come dea e posi i tuoi silenzi sul mio sguardo bambino. E dimentica un istante solo chi sono; si imprima nella tua mente chi ho cercato di essere per te quando non potevo essere con te, quando strisciavo solo passi d'arte marziale su spiagge solitarie. Non fosti tu a spezzare la mia spada da samurai stanco. Fu un raggio di sole arrivato troppo presto su una corazza impreparata ai colpi dell'amore. Allora, su quelle spiagge, mi inventai le danze a noi interdette e il mare, lì vicino, rideva, come te, incapace di perdono.

L'ebreo si dondola

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Marc Chagall - L'ebreo in preghiera F. Chopin Nocturne No.14 In F Sharp Minor Op.48 No.2 (esec. Maurizio Pollini) L'ebreo si dondola quando la palpebra piega al ricordo e il suono delle litanie giunge da lontano. L'ebreo si dondola e mette il corpo nell'onda lenta, nel flusso dei millenni, e si concentra nel punto vuoto e bianco prima d'ogni lettera. L'ebreo si dondola nell'abbaglio del suono, nel canto ancestrale, nella parola aspra, nel suo nome che scolora; nel ricordo dei sei milioni, l'ebreo si dondola. E canta parole secche, l'ebreo che si dondola, e invoca la memoria dalle steppe dell'oblio, l'ebreo che si dondola. E si perde là, e naufraga tra le scorie dei rifiuti e gli ori degli abbracci, l'ebreo che si dondola.

Nebbie

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Foto di Sergio Daniele Donati Amo perdermi nelle nebbie. Tu non chiedermi quali. Sai bene che, tra tutte le nebbie, solo la foschia del tuo sguardo è capace di ridarmi un nome.

Ogni dimora di Laura Spazzacampagna

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  F Foto di Laura Spazzacampagna Oltre il respiro forse l'unica dimora è il Tempo - oltre la tua voce alla luce del risveglio.

Bet (in tre versi)

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  Sia benedetta  ogni dimora  e le sue parole.

Tre poesie di Laura Landi

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Foto di Laura Landi Ai miei bimbi Tommy e Chico alle parole trovate tra i loro stupori Si apre il sipario si apre il sipario è di scena il primo pianto e il grande addio. Sento il volo   sento il volo del vostro cuore scolpire il tronco che cresce. Alla mia Mamy Ti trovo  ti trovo  nel profumo di viola  mentre copri gli spigoli  con gommapiuma e seta.  ti leggo,  nelle parole che mi dai  e che aprono il raggio  quando il vento soffia forte.  ti cerco,  nella spalla di verde  e giallo  all’angolo dei miei tredici anni.  ti penso,  fra monofore e bifore  quando i pomeriggi in francese  raccoglievano i nostri passi.  ti amo,  ogni giorno  tra pensieri e parole  annodate di filo d’oro  e perle preziose.  Poesie apparse in "Così io mi ascolto" - Guaraldi editore - 2000 Si pubblicano su concessione dell'autrice e dell'editore

Benedizione balbuziente

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  Foto di Sergio Daniele Donati È una sorta di riflesso quel lago. La parola sacra sfugge all'occhio del cervo; poi torna come pelle su pelle. Io canto il canto e la neve sulle mie spalle tesse ricami e arabeschi sui limiti d'un dire balbuziente.

Alef (in tre versi)

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Davanti a me, infinito silenzio; sino alla prima parola.  

Il segno

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Foto di Sergio Daniele Donati È greve  il segno, mai il foglio; e, lucido il pensiero, balbetta  la parola.  

Il pescatore

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Partì prima del remo il canto del pescatore; polifonie, richiami di voci dal silenzio. Prima che la rete toccasse le acque sapeva che là, nel torbido, non dimora pesce. Eppure lanciò i suoi dadi perché non si spegnesse la luce sul mondo. La palpebra di marmo, scompose ricordi  sulla linea  dell'orizzonte. Parole nel gozzo, cucirono pensieri; aghi e fili dai colori senza grazia. E non fu finzione né sogno;  ma speranza e mani sul volto. Né fu delirio o minaccia o supplica poi, davanti alla rete;  solo strappi. Tornò a riva di notte. E non fu fame nel ventre né desiderio nello sguardo. Solo rimpianto e l'odore  di calce d'un cielo e stelle crudeli.

Requiem

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Foto di Sergio Daniele Donati Restano appese a una mente pigra parole non dette; sguardi che declinano, - timidi, spauriti - verso l'abisso. Hai messo l'accento sul momento; ho tolto apostrofi al divenire. Restano, dicevo, parole monche, suoni gutturali, sullo sfondo indaco delle nostre incapacità. Io non posso stare ove risiede la tua maschera; sto là, dove è bene che stia, nella landa sterminata della tua assenza.  

Come grandi tigli di Adriana Valabrega

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Tigli - Foto di Micol Tedeschi Il vetro trattiene il cielo nel fuoco, ora coperto a metà dalle anime oranti. Ombre scosse vibranti come grandi tigli sollevano lievi suoni musicali. Avanti e indietro corpi si snodano dondolanti, confortati dal ritmo delle voci oranti. La poesia Come grandi Tigli di  Adriana Valabrega Valabrega è stata pubblicata in "Giochi d’acqua" - Paola Caramella editrice, Torino 2019. Si pubblica sul blog su autorizzazione dell'autrice e della casa editrice

Abbaino di Francesca Piovesan

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Testo e immagini pubblicati su concessione dell'autrice Quando piove, qui è buio.  Resto intanato in un angolo, mi muovo poco, sistemo qualcosa di sfilacciato. Mi ci sono voluti circa due mesi per imparare a fare bene le cose, prima terminavo tutto a metà, mangiavo poco, sono stato magro, sottopeso. Quando piove chi vive con me fa poco rumore. Il suono della pioggia è più forte. La tv della stanza accanto non si accende, il gatto dorme sempre al solito posto, anche i vicini sono silenziosi. Io sono silenzioso, guardo l’abbaino che respinge l’acqua. Un paio di settimane fa è venuto un uomo a ripararlo; l’acqua entrava, formava delle piccole pozzanghere sul parquet rossastro. Ho provato ad avvicinarmi a quelle pozzanghere, per capire se ricordavo bene quei primi giorni di vita quando vivevo fuori, all’aperto, quando ero minuscolo, quando ero uno fra cento. Ho immerso nell’acqua una delle mie gambe; era fredda, acqua di Dicembre, acqua di ghiaccio, acqua di sole negato. L’ho ritirata

Senza un fine di Carlo Martello

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Pubblicata su concessione dell'autore Carlo Martello Senza un fine. Questa vita non ha futuro. Sbatti sbatti la testa al muro, Chiaramente, Te la rompi Senza fine. Senza un fine. Senza un fine, Sembra oggi ma è già domani Io non dormo e le mie mani Mulinelli, Stancamente Senza fine.

Sei milioni

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Foto di Sergio Daniele Donati Si crepano maschere d'argilla sui miei volti e lo sguardo si perde su un orizzonte assente; avanzano lenti i passi del silenzio e ardono i fuochi sacri della memoria. In alto sei milioni di voci evanescenti, celate dai fumi della storia, osservano e sostengono una tenacia bambina. Per loro solo canto nenie antiche, canti d'elevazione nella notte senza stelle.

Due poeti allo specchio (Davide Zizza e Sergio Daniele Donati)

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  Foto di Sergio Daniele Donati Colano tra le dita parole senza peso.                                      Sul palmo                                     pergamene e carte,                        di territori sconosciuti.                             Quando si armano                              dello strumento sacro                                 si cancella un nome                                       sotto le unghie del ricordo, e poggia su un vuoto senza fine il  segno sovrano dell'oblio. (Sergio Daniele Donati - Fedro) Colano dalle dita parole senza peso. Sul palmo carte, territori bianchi sconosciuti. Quando il pennino sta fra pollice e indice si raschia un nome sotto le unghie del ricordo e poggia su un vuoto senza fine il segno sovrano dell'oblio. (Davide Zizza)

Mani

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Foto di Sergio Daniele Donati Colano tra le dita; parole senza peso. Sul palmo pergamene e carte, di territori sconosciuti. Quando si armano dello strumento sacro si cancella un nome sotto le unghie del ricordo, e poggia su un vuoto senza fine il segno sovrano dell'oblio.

Un dolce ricordo (Nature Boy 2)

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Che poi, finché l'armonica resta nel taschino della giacca di jeans, possono brillare come stelle i tuoi occhi. Ma non avranno suono. Devono cadere a terra le stelle per illuminare i volti. E tu i tuoi sogni li porti ancora nel taschino. Li lasci volare di notte, quando nessuno li ascolta, nella stanzetta. Li lasci parlare di mondi desiderati e mai visti. Che l'amore, Nature boy, si immagina a lungo prima di viverlo. Sopratutto a sedici anni. Lo si porta in giro a quell'età l'amore, Nature Boy, strascicando i piedi. Distratti, portati lontano da un solo pensiero. Dentro al taschino della giacca di jeans, forse troppo larga, l'armonica aspetta il suo turno. E entri in quel bar, strascicando i piedi e i tuoi sogni, e l'armonica sempre nel taschino della giacca di jeans. E ordini una coca e ascolti. Sono bravi suonano bene il blues. E ti brillano i sogni negli occhi e vibra l'armonica nel taschino. “Ti ho sentito suonare nel vicolo”, ti dice il vecch

Marmellata di albicocche di Silvia Gelosi

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  Mentre la marmellata cuoce lenta, l'odore delle albicocche rende l'estate meno amara tra un temporale e l'altro. Mi tornano alla mente immagini di tanti anni fa, quando il caldo sembrava sempre diverso e io andavo in giro per lavoro, e c'era un luogo che non ricordo bene quale fosse ma che aveva un viale poco affollato, dove ognuno camminava svelto per andare o tornare nel punto in cui era partito con la stessa fretta probabilmente, tra i ciottoli grigi un po' malmessi.  Quasi tutte le vie laterali sbucavano senza nome, le seguivo per vedere il paese nelle sue ossa, le crepe, le porte, le case.  Un anziano signore in giacca, vestito bene e con tutti gli anni sulle spalle curve, attendeva i pochi passanti, increspando un sorriso in quei segni che rimangono sulla pelle, quei segni che la vita ti tatua addosso, quel detto in cui ciò che non ti uccide ti rende più forte, quando invece ti squarta, ti apre senza il resto, senza lasciarti nessun filo adatto per richiuder

Benedire

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Foto di Sergio Daniele Donati Colle e stucchi, suoni di cembali. La voce trema e la parola è debole se si deve posare tra le ciglia d'un figlio.