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Il messaggero d'autunno

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"Ci vuole un prisma", dicevi, "per trasformare luci bianche in arcobaleni di colori". Io cercavo, al contrario,  il luogo ove ogni parola  torna; un unico silenzio.  Mi sedetti sull'erba. Lontano cantava  un usignolo. Sergio Daniele Donati  - inedito Versi ispirati all'opera di Paul Klee " il messaggero d'autunno".

Lamed

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Spingimi via perché  io possa tornare; insegnami il piccolo  ché io possa  muovere mosche e moscerini  dai miei occhi. Dai impulso  all'apprendimento del passo dopo passo, porta dell'Altrove. E poi strega, incanta e bisbiglia (luce e neve) (canto di sirena) perché il Vero sia non nel luogo della dimora ma dove lo andrò a cercare                                                                                                                                                                                         

Nel tempo del glicine

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Nel tempo del glicine il passo smorza gli occhi violano i colori del mondo. Nel tempo del glicine il silenzio è nel morbo e la madre sul figlio coperto; d'ansie. Nel tempo del glicine posiamo maschere sulle maschere dei nostri volti E sono chiacchiere e suoni di violino dal verone noi tutti, Giuliette, lanciamo un grido. E crisi e fame e code ai rifornimenti nel tempo del glicine ai rifornimenti. E osiamo una battuta e chissà chi abbocca. Chissà chi abbocca nel tempo del glicine. E l'anziano muore, e il bimbo Zorro mascherato nel tempo del glicine. E le mani non strette, gli abbracci non dati, le carezze negate nel tempo del glicine e le lingue non intrecciate e le salive non mescolate per i giovani amanti nel tempo del glicine A debita distanza l'uno dall'altra guardano il glicine attaccato al muro, tenace contro il muro e partono da lì, di nuovo, i giovani amanti nel tempo del glicine.

Kaddish

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Non può che durare  a lungo quella nota sospesa. Non può che tenere a lungo quel filo, di lino, colore argento.  Ricordi e strazio.  Ma non è strazio anche il violino che  suona e suona, e suona incurante del desiderio  di non ascoltare più?  ? E si tendono mani, bambine.                   Perché è del bimbo la spontanea elevazione.  Plurale e collettiva. Si tendono mani  verso ciuffi d'erba di ricordi mentre la cantilena sostiene.  Energie d'insieme.  Linfe vitali.  Dieci anime,  per innalzare un Nome.  Dieci Iod per dieci Iod per nominare e santificare  lo sguardo arrossato di chi ricorda. Sono dieci mani sulle spalle.  Affaticate.  E carezze e sguardi ritrosi  e volti stretti,  in quella serie infinita  di elevazioni, congiunte  dalla stanghetta santa della Vav. Ricorda l'altro e l'Altro. Dieci anime a sostegno di un cuore che lacrima stille di perdita

Kaf

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Misura venti passi, lo sai, la distanza tra lo zelo del Giusto e la sua ritrosia. Misura venti spanne, lo sai, la distanza tra la mano che giura e quella che seduce. Tre sono le corone, lo sai. La quarta, dall'alto, spiana la via e rende stabile il passo. E chissà se lo sai.

Iod

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Crea cieli e terra e mondi  la lucciola  sul palmo della mano  goccia di rugiada  fiamma di candela  svela al Giusto il Nome  che mai fu detto  e versa nel suo cuore  calde stille  di pozione di vita

Tet

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                                                Filtrava luce dalla finestra  e la danza della polvere,  fuochi sacri e tamburi lontani  soffiavano potenze antiche  Nei nove mesi di gestazione  l'umile figlio del sogno  rideva e giocava con  il valore della sua  sacra argilla

Francesca (7 marzo)

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Foto di Sergio Daniele Donati Gocce d'acqua,  Francesca; colano su un lavandino  di lavica i ricordi.  Un lavandino   di lavica .  Armonie lente,  blues in minore,  scivolano sulla pietra  della memoria, grigia.  Fanno plic, plic nella mente.  Nella mente Cosa diresti, Francesca,  lo so bene!  Parole della lingua antica,  per coprire il vero.  Il vero Vibra il dono,  mia dannazione,  per non vedere.  Non vedere Eccolo il nuovo,  Francesca,  giorno che tinge  il passato  di colori pastello Colori pastello Lingua nuova,  passo di gatto.  Gocce di memoria  sostenute  da presenze eteree,  e dal Salmista,  e dalla tua mano.  La tua mano Sei un plic, plic,  che sostiene,  Francesca.  Plic, plic. Sostieni E bussi alla tempia,  stanca,  e sorridi e dici:  “Il sasso è tornato  a galla, levigato.  Poggia la penna,  se la mano è stanca  e le idee mancano”.  E le idee mancano   Sei nel soffio,  Francesca.  E guidi dall'

Davano Vita di Gisella Genna

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Davano vita ai violini dita di un uomo che non conosco, diceva il volto della bambina allora - gente andata guardava l'eclissi nella luce seppiata. Madre, sorridi ancora ignora ciò che non tornerà del tempo insieme; più del passato è vero il cielo, il suo cobalto. Gisella Genna - inedito 

Het

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Su musica di J S. Bach - Clavicembalo Ben Temperato  (esec. Richter)  Si sfiorano sottili dita e nutrimenti tra l'oltre e l'altrove.  Il coro di voci lontane  ci arruffa i volti  La stella ride e noi, ignari del nuovo orizzonte, continuiamo a portare i nostri nomi

Bolognina Bloomsday di Silvia Tebaldi

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Pubblicato su concessione di Silvia Tebaldi Ordine alfabetico non è, pensa Rossi: infatti l’hanno messo vicino a una certa Zoli, che di sicuro non comincia con la erre come lui. Però è una bella vicina, tettona e mora; una che tempestava i concorsi letterari con trucide storie rurali, ambientate al Marecchia, a Tavullia e addirittura a San Leo. Ma anche se non è ordine alfabetico, pensa Rossi, un ordine ci sarà pure - tutto sta a capire quale. Comunque gli hanno sbagliato posto, a lui, poco ma sicuro. Qui c’è gente di tutt’altro genere, scrittori di libri storici e locali, mentre lui era un giallista medievale: famoso per Boccaccio indaga, anche se il premio più importante glielo portò Fra’ Angelico detective. Che strano, pensa Rossi: qui son tutti scrittori ma nessuno scrive; per tutto il giorno solo prosecchi e vaghe chiacchiere, e di sera vengono certi archivisti e giù sangiovese, partite di primiera e gran discorsi su lasciti, enfiteusi e beghe patrimoniali. - Ma chi c

Obliquo

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Foto di Noelle Oswald Obliquo pensiero, forma e vuoto. Pensiero eterno, stasi e moto. Io infrango, estendo,  affino l'udito,  stanco. L'anima s'accuccia sotto ali  di gabbiano. Che mi portino lontano! (Che mi portino lontano!)

Zain

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Ascolta. Bisbigliano piano nomi ineffabili le sere d'estate. Osserva. Brillano, pugnali di diamanti, grida di bambini nei cortili. Silenzio. Avanza, passo di lince, il soffio del settimo nutrimento Luce. La chiave di bronzo apre lenta sorrisi su volti stretti di cera.

La costruzione del Silenzio (Testamento dello Scrittore)

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                                                                                                    Sono lampi le idee, tuoni i pensieri. Accendono, imprevisti, serrature antiche.  La chiave di ferro, vibrazione e clamore, s'attarda nella mano.  Perché è a tentoni, nella penombra della lingua, che le idee e i pensieri aprono porte a lungo rimaste chiuse.  E, prima di scrivere, spengo lampi, zittisco tuoni.  Perché sia un gesto antico a guidare le mie intenzioni.  C'è una chiave per ogni serratura, un suono magico, per ogni combinazione, un colore per ogni stagione.  Li compongo in un unico quadro, in unico quadro.  Strumenti diversi per la stessa via.  Accendo e spengo l'interruttore della verità.  Il Silenzio che prepara la parola, la modella ancora prima della sua confezione.  Le dà spinta e trattenuta, ne smussa gli angoli più pericolosi, e, poi la lancia, lontano, lontano, dove il mare poggia lo sguardo sull'imprevisto.  Non credo che ques

La piuma nera

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Hai perso la parola nel bosco. T'era sfuggita di tasca  mentre dormivi, la schiena appoggiata  alla quercia; nera. L'hai cercata, afono, ovunque,  persino nel buco del tronco, fonte di ogni predizione. Il merlo sopra a un ramo  cantava e rideva.  L'hai guardato;  sguardo assassino. La volpe ai tuoi piedi  guaiva.  L'hai cacciata a calci.  Disturbava la tua ricerca. La notte, disperato,  sei tornato a casa.  Sotto lo zerbino. Accanto alla chiave  solo tre cose: unaa piuma nera,  un ciuffo di peli  rossi  e una sola parola:  sciocco.

Vav

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                      Sta. Nel filo teso di lino la fatica di coniugare,                        di far vibrare legati passato e futuro                        con salto d'asta sulla barra dell'orizzonte                        Sta. Nel succo di radici antiche ogni lama,                        ogni scintilla e fiamma di candela                        delle pupille d'ossidiana dei nostri figli

Meditazione in montagna di notte

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Montagne in movimento,  specchi di notte.  Corpo attento,  mente pacata.  Voce sopita,  bisbigli e mormorii.  Origini al futuro connesse,  fili di lino.  Certo del mio maestro,  stabilità e carezza.  Silenzio, spettacolo,  felice solitudine  Presenze diafane,  volti d'angelo, volo planato.  Sguardo profondo. Io, parte del tutto,  immenso silente.  Voci dei boschi  amiche; richiamo al mio canto.  Spazio aperto,  brezza dopo la tempesta.  Respiro unico,  multiforme, felice.  Suono del silenzio,  nenia antica.  Medito ad occhi aperti. Sono dove sono, dove sono già stato

Maschere

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“In fondo progettiamo tutti le nostre piccole strategie per restare in piedi”.  Lo pensavo tra me e me prima, mentre studiavo una sbrodolata di documentazione per l'udienza di domani. Mi chiedevo cosa potesse portare una persona a costruirsi un'immagine di sé così lontana dalla sua realtà quotidiana.  E per cosa, poi? Poche migliaia di euro in più in banca giustificano una scelta così radicale?  Non entro nei dettagli per non farvi addormentare, ma davvero un caso anomalo, dai profili sia penali che di diritto commerciale delicati.  È in verità il profilo umano che mi “disturba”; è ciò che si legge tra le righe di un'esistenza al limite della finzione a suonarmi dissonante.  “si può davvero fingere di esistere?”. Lette le carte, pare di sì. Io lo trovo terribile, ma è possibile.  L'aspetto tecnico della questione è tutto sommato semplice e non del tutto irrisolvibile. Finito il processo, mi chiedevo cosa resterà della necessaria ricostruzione di una p

Fuggono come frecce

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Scritta ascoltando la musica de  L'Estro Armonico di Antonio Vivaldi E via e via fuggono come frecce intuizioni mal partorite nel buio della stanza lasciano scie di fumo grigio sulle pareti biancastre del mio orgoglio che cola come cola inchiostro dal pennino datemi silenzio datemi silenzio vera china del mio sentire silenzio tra le pieghe di una pagina che avrei voluto semplice e non mostra che grinze e accartocciamenti datemi piume datemi piume leggere piume tra dita che battono a ritmi barocchi sulla tastiera e soffi all'orecchio e carezze sulla nuca e via e via tornano dal nulla i pensieri miei piangono lacrime di noia sulla lama di una spada che fu confine e carezza tra terra e cielo

He

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L'anima cetra arpeggia scale e accordi sottili  eleva gridi d'esistenza  d'un cuore bambino  rende possibile nel canto  l'abbraccio al mondo         l'anima soffio protegge         i passi dei figli del Silenzio         separa semi dalla terra         e li lancia verso un cielo che ride  Mi dicevi “io vado”  guardai a terra inizio e fine del mio mondo         Chi non accoglie         tra sterno e clavicole         un vagito neonato?

Cresce un febbrile di Antonella Lucchini

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Pubblicato su concessione di Antonella Lucchini Cresce un febbrile e sotterraneo lavorio un tramestare di grida sottili nel corpo di quest'aria ormai cicatrice sui tonfi d'autunno. È la prima vera cuccia calda della primavera la mia pelle che inconsapevolmente si cuce al filo del sole. Io che non voglio io che sono un mulinello di foglie secche io vento freddo sugli occhi e fischi nelle ossa mi ritroverò ad avere dita di fiori una volta ancora. Una resa tiepida un chiodo piantato.

Eri piccolo

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A mio figlio Gabriel Lo sai?  Il nuovo soffia sempre sull'antico.  E non è vero il detto.  Esiste tanto d'inaspettato sotto il sole.  Dormivi sul mio torace.  Notti insonni in cui  guardavo il tuo lento respiro,  e pensavo  lo sai? Ogni mio passato  poggia sul tuo futuro.

Altalene e scivoli

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E giunse per lui l'ora, servo della parola, di scendere da quell'altalena. Entrò silenzioso nel parco  dell'infanzia perduta. A chi gli chiedeva  del suo andar lontano, rispondeva il suo sguardo sognante e nostalgico: “Guarda, si è liberato lo scivolo!”

L'avvocato va

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In attesa del dispositivo di sentenza l'altro giorno, mi chiedevo cosa fosse quel lieve disagio. Aveva una collocazione precisa nel mio corpo. Si manifestava come una sorta di piccola vibrazione a livello della clavicola destra; un battito, una pulsazione che faceva cucù alla mia coscienza con ritmo sincopato. E portava con sé pensieri; e portava via da me pensieri. Sono uscito un attimo dall'aula per respirare le polveri sottili di Milano (quelle sì che fanno bene). Poi il cancelliere è venuto a cercarmi. “Avvocato l'aspettano per leggere il dispositivo”. Sono rientrato di malavoglia. L'esito era scontato; l'aveva combinata troppo grossa e la sua recidiva certo non lo agevolava. “Carcere”, avevo previsto. E carcere è stato. “Sì, sì, faremo l'appello. Ci sentiamo presto”, ho bofonchiato distratto al condannato, e sono uscito dal Tribunale. Avrei voluto tornare a piedi in studio; Milano era davvero radiosa. Ma dopo qualche metro ho s

Divertissement

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Scrivere “in levare” e varare piroghe di lemmi in mare; “togliere e limare”, questo bisogna amare se vuoi una scrittura che dura oltre l'ardente pira dell'umano respirare. Non è male il mare, né il fiume di parole, come leggere piume, ma, se a un cuore vuoi arrivare, sia il tuo canto “in levare”, apprendi docile a levigare sospinto lento, lontano da un lieve navigare.