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Visualizzazione dei post con l'etichetta poesia

Due poeti allo specchio (Laura D'Angelo e Sergio Daniele Donati)

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  D'estate Qui c'è aria di primavera, eppure lo sento il desiderio che mi spinge a dirti, in cerca di un tuo cenno, di un tuo presente che sia tu, tu e tu soltanto. Fuggono questi anni e i fiori nuovi mi dicono che ancora un altro è passato, mentre cambiano le stagioni e le ombre dei ricordi si fanno più dolci. Mi baci e sei l'estate. (Laura d'Angelo - inedito 2024) L'incontro Nasce sempre da un profumo — un'ombra sottopelle, un'ambra di memoria — il desiderio di un incontro. E poi, lo sai, non dà cenni né attende invito il mistral sulla costa. Prendi delle mie parole, delle mie lettere bislacche, il vuoto di senso e lascia che parlino la lingua dei fiori di miseria ai tuoi lobi abituati al canto del sacro. Non ho altro dono che l'arte dell'inciampo; un bambino caduto di bicicletta che si preoccupa più del graffio sul manubrio che del ginocchio scorticato; questo sono io, e tu il mare. (Sergio Daniele Donati - inedito 2024) _____ NOTE BIOBIBLIOGRAFI

A proposito della raccolta di Enzo Cannizzo "Il cielo pende dai lampioni" (Algra Editore ,2020) - "non nota di lettura" di Sergio Daniele Donati

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  Dice il poeta  Enzo Cannizzo  (1) 2 ottobre ci prende per mano tra i bagliori dei parabrezza e lo schianto dolcissimo di un altro mattino piove in piazza roma una ragazza si stringe al dizionario e a me pare che in quest'assenza d'interpunzione prenda vita l'eterno gioco, quel nostro vivere il reale come una sequenza senza fine di immagini a cui, alle volte, non siamo in grado di dare che una descrizione minima, fugace. Perchè nel dire senz'altro aggiungere brilla sempre un significato ulteriore e, se volete, un gesto che ridona libertà - quindi è gesto di liberazione - il lettore dalle sue stesse catene.  C'è, in altre parole, nel dire senza attribuire che scarsi e incisivi aggettivi alle proprie parole, un'elevazione etica che lascia all'interprete il commento.  E questo ci fa stringere, come la ragazza sotto la pioggia, alle parole, alla loro potenza liberatoria, soprattutto se le stesse ci vengono donate come una essenza in sé.  E aggiunge il poeta: 13

Cinque poesie inedite di Patrizia Caffiero e una nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  «...Forse questa montagna che ti ombreggia/questo ostacolo corposo e sfuggente/è soltanto la conseguenza amara/del tuo non dare un Nome alle Cose.» scrive in uno degli inediti che oggi pubblichiamo la poeta Patrizia Caffiero.  E in questi versi che paiono centrali mi pare di poter scorgere tracce di un pensiero che ha radici nelle profondità da un lato del Mito e dall'altro in un pensiero mediorientale ben preciso. C'è sempre tanto delle cose nel Nome delle cose , la loro essenza secondo alcuni pensieri, e c'è tanto di ricco nel saper tornare all'origine dei lemmi che danno Nome alle cose.  Ma questo pensiero, sembra suggerirci la poeta, porta con sé un'amarezza di fondo, ché altro non è che la constatazione dell'impossibilità di poter sfiorare la realtà delle cose al di fuori del linguaggio, della parola.  Ed, in fondo, è la stessa ossimorica dolce amarezza che ritroviamo nei versi: «...Ho costruito la casa nel mar/ma non avevo il progetto/quando sono andata

Dalla raccolta "L'etica dell'acqua" di Giuseppe Manitta (Avagliano ed., 2021) una "lettera aperta simbolico-onirica all'autore" di Sergio Daniele Donati

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  Anche la polvere lotta contro l'estinzione, cerca il suo profilo per non annegare tra le pozzanghere. Il dubbio è sempre se capire le forme o catturarle. Lo schermo, invece, contempla la metamorfosi dell'io e il vangelo della moltiplicazione smarrisce l'orientamento nella calca dei profili. È possibile non avere sosta, espandere il limite oltre la cancellazione, farsi altro, appoggiare la mano su "invio" e crearsi. Facce senza corpo, distrazioni di scena. Siamo un'eresia fatta di rassegnazione. Così tu, Giuseppe Manitta , nella tua raccolta "L'etica dell'acqua" (Avagliano ed., 2021).  E io, che lotto sempre tra senso e suono, e di queste «esse allitteranti» ho fatto una veste sin troppo comoda per definire me stesso, mi fermo e, un poco mi spauro. Perchè questo tuo voler dire del nostro muoverci tra maschere, del nostro indossare i volti che ricoprono la nostra assenza di corpo, risuona denso nei miei midolli.  E mi dona un brivido lungo la

Ai bimbi del ghetto di Varsavia

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  Si ringrazia David Pedrizzetti per averci indicato questa immagine In mano pulviscoli d'infanzia e la disperazione dei padri. Lontano uno Shemà Israel recitato nel bisbiglio assorbito da nuvole grigio-guerra; e le madri lacerate dalla certezza: non c'è che morte sui palmi delle mani e una tenue speranza  in un orizzonte di macerie. Non si sopravvive a quella memoria, si muore — in quella memoria — di generazione in generazione. Davanti al miracolo di ossa decomposte, divenute concime per le radici  dell'eucalipto e del carrubo, io mi fermo, la schiena tenuta dritta dal filo spinato e da schegge di sogni caduti a terra. Nemmeno più lacrime solo sabbie e polveri e poi fumi; dai camini.  Non si sopravvive a quella memoria: io sono perchè voi non siete più io sono perché voi mai siete stati e piango.

Cinque poesie inedite di Marco Giovanni Maggi - con non-nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  È il gioco eterno del simbolo: ci solletica e lancia lontano e, poi, tenendoci legati col filo di lino sottile del significato ci riporta indietro, a velocità decuplicata, verso il nostro stesso centro.  È il gioco eterno del simbolo: tira i dadi della conoscenza sul tappeto verde di una roulette bislacca. Un gioco a cui partecipano sempre almeno tre protagonisti.  La cosa significante, la cosa significata e un soggetto a cui tutto ritorna.  È il gioco eterno del linguaggio: un prato fiorito in cui le metafore si rincorrono imponendoci un moto senza fine verso l'altro da noi, in cui la similitudine impedisce la gabbia della solitudine, del solipsismo; e si intona un canto, a volte stonato ma sempre eticamente fondante; un augurio di non fermare mai la montagna russa, il dipinto puntinista del senso della parola. Le poesie di Marco Giovanni Maggi che oggi proponiamo questo gioco lo conoscono in profondità e lasciano stupito il lettore nel loro donare un movimento che strappa da sé

Otto poesie inedite di Francesco Papallo - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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Ci sono scritture il cui ritmo è un richiamo al «limine», al confine tra territori limitrofi in cui si può percepire la graduale manifestazione della coscienza.  Sono le scritture del dormiveglia, dell'aurora e del tramonto; quelle in cui si manifesta la possibilità che i due poli del dire poetico (suono/timbro/ritmo e significato), invece che creare una tensione emotiva nel lettore, si fondono, quasi a volerci indicare la non sufficienza di un approccio sistematico alla lettura poetica.  Sono quelli versi che richiamano al tutto dinamico che investe chi sa lasciarsi  trasportare da un flusso dai molteplici formanti, senza esserne travolto e, allo stesso tempo, senza resistere alla corrente.  È questo sicuramente il caso degli inediti di Francesco Papallo che abbiamo l'onore di potervi presentare oggi.  Poesie quelle del poeta che paiono  scritte in assenza di tempo o, meglio, sapendo contemplare la compresenza di passato, presente e futuro in ogni istante.  Leggerle è un viag

Selezione di poesie di Elisa Ruotolo tratte da "Alveare" (Crocetti ed., 2023) - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  ELISA RUOTOLO FOTO DI RICCARDO PICCIRILLO Esiste un modo di attraversare il grande mare delle voci poetiche contemporanee che è molto simile alla navigazione a vela, e in quei casi la prima qualità richiesta è sempre quella dell'ascolto.  Il mare stesso, ma soprattutto i venti, ci parlano e sta a noi decidere se lasciarci da loro trascinare, rinunciando alla meta per perderci dove ci condurranno oppure affrontarle de visu, controvento, magari con l'astuzia di chi conosce gli angoli esatti di un procedere di  bolina.  Quando poi si incontrano voci poetiche il cui richiamo ha il suono delle stesse profondità marine, la scelta è altra. Ci tufferemo per unire ai suoni visione   di ciò che quel richiamo ci propone o, al contrario, resteremo sulla rena a farci commuovere da un altrove limitrofo ma distante  mentre ci dona le sue narrazioni? Io non so nemmeno dire perchè,  ma nella lettura della raccolta "Alveare" (Crocetti ed. 2023) di Elisa Ruotolo , di cui oggi presenti

Poesie inedite di Matteo Rusconi - con nota di lettura di Sergio Daniele Donati

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  «La poesia è funzione del pensiero», si dice. Ed è sicuramente una verità assoluta.  «La poesia è frutto del corpo», si dice. Ed anche questa è statuizione dai forti odori di verità.  E in fondo, in questo apparente paradosso tra due frasi dai significati tra loro distanti si cela la chiave di lettura di tanta poesia, specie se contemporanea.  Viviamo come binomi, come poli opposti ciò che invece manifesta la sua funzione di piolo a cui attaccare la fune che ci dona la sicurezza nel procedere.  Pensiero e corpo sono necessità della scrittura (di ogni scrittura) e il falso mito dell'origine unica ci devia. Ma la corda, il fil di lino sottile che il lettore percorre, è composto spesso esso stesso di dicotomie armonizzate dalla penna dell'autore.  Nel caso delle poesie inedite di Matteo Rusconi che oggi presentiamo ci pare di poter dire con certezza che esiste un binomio centrale i cui poli hanno nome ironia e serietà delle immagini evocate. Quello di Matteo Rusconi è un dire m