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(Redazione) - Lo spazio vuoto tra le lettere - 09 - una lettura "ebraica" della Silloge "Altri universi imprevisti" di Donato Nitti (Gazebo ed)

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A cura di Sergio Daniele  Donati Uno dei piaceri più grandi della lettura consiste, a mio avviso, nel saper planare sulle parole senza lasciarsi condizionare, prima facie, da ciò che so, o fingo di sapere sull'autore. Parlo sopra di finzione perché la pseudo-conoscenza dell' altro da noi  è un materiale strano, poco plasmabile ed a volte può divenire un impedimento alla reale comprensione delle cose. D'altronde il riferimento anche biblico è chiaro. Prima del primo atto creativo, si legge in Genesi,  un vento divino planava sulla faccia delle acque.  Sono molteplici le interpretazioni, anche mistiche, di questo preambolo alla creazione ma a me piace pensare che, tra i milioni di spiegazioni possibili ci sia anche quella che riguarda la necessità della assenza di preconoscenza della cose.  Una sorta di planare lento e inconsapevole sulle cose, un abbandonarsi al loro profumo, così come il corpo e il movimento sopra e dentro di esse ce le fa percepire, è il necessario carbura

(Redazione) Nota di lettura sulla silloge "Il sentiero del polline" di Guglielmo Aprile (Kanaga ed.)

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  Il sentiero del polline (Kanaga ed) è la nuova raccolta poetica di Guglielmo Aprile, poeta che si pregia già della pubblicazione di diverse altre raccolte di valore.  La scrittura dell'autore in questa si caratterizza per un marcato richiamo alla relazione tra l'elemento naturale e una spiritualità umana e non necessariamente teistica che si sente pulsare all'interno dell'intera raccolta, quasi che l'elemento naturale divenga simbolo di una traccia umana evidente.  Non a caso il titolo stesso della silloge si richiama ad una espressione della spiritualità nativo-americana, che tutti noi sappiamo caratterizzarsi per il valore, simbolico, di vita e di percorso che viene dato alla Natura.  Così ad esempio  in Stella nomade   leggiamo: Voglio sentire solo le foglie secche che crepitano  docili ai miei passi  mentre accarezzano il suolo lievi, fedeli al vento,  e i concerti dei passeri  lontano dalla gente  e dalle sue parole, sul viso nient'altro che il tiepido ab

(Redazione) - Breve nota di lettura su alcune poesie di Emanuela Mannino

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La poesia di Emanuela Mannino è poesia della trasformazione (anelata a volte, raggiunta altre) attraverso la via della delicatezza. Il dire della poetessa non è mai acerbo, né tantomeno duro, nemmeno nella descrizione di moti di paura e pianto, quasi ad indicarci sempre all'interno dei movimenti dell'anima un percorso, una via possibile. I versi di Emanuela Mannino sono spesso brevi ma sempre legati, senza salti, con concatenazioni linguistiche e di significato sempre ricche per chi sa abbandonarsi prima al suono della parola che alla ricerca del significato veicolato.  Siamo di fronte a una brevità che disvela l'altro, il non detto, come solo la poesia densa di qualità sa fare.  Nelle poesie tratte dalla silloge " Eppure " (CONTROLUNA ED., 2022), che qui si propongono assieme a tre inediti di Emanuela Mannino, è evidente la capacità simbolica e di uso di elementi naturali per descrivere il sè profondo (in Paura ad esempio troviamo acque, sabbie, piogge che chiama

(Redazione) - Su "Il Petrarca nel III Millennio" - Divergenze ed., 2020 di Valentina Bandiera

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  Per chi ama Francesco Petrarca e la sua descrizione dell'umano il testo di Valentina Bandiera rappresenta una lettura originale e immancabile, non perché su Petrarca non sia siano spesi fiumi d'inchiostro da parte della miglior critica - ne è cosciente l'autrice stessa che in prefazione dichiara il disagio che coglie chi, scrivendo su Petrarca, si deve confrontare coi grandi della critica letteraria italiana e internazionale - ma perché è un testo capace di trasportare il lettore (dal più preparato al meno esperto di letteratura petrarchesca) nella conoscenza di elementi che ai più sfuggono. E soprattutto è un testo capace di mettere in relazione la produzione petrarchesca coi la contemporaneità dei nostri vissuti, non solo poetici.  L'autrice parte dal Secretum   - de secreto conflictu curarum meum -  e dall'analisi della sua struttura dialogica atta, secondo l'autrice, meglio di altre di svelare le ansie interiori del grande poeta aretino.  È molto intere

( Redazione ) - Breve nota di lettura alla silloge "Nutrica” di Daìta Martinez (LietoColle Edizioni, 2019)

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  Leggere Nutrica di Daìta Martinez è in primis accettare un gioco di spoliazione della parola o, forse, un ritorno all'elemento ludico e sonoro della stessa, in cui la ricerca del significato è sempre sottesa ma, al primo approccio, lasciata sospesa.  Nutrica è la neonata ma anche il seno che nutre e così già dal titolo ci troviamo di fronte ad un famoso lacaniano dilemma. Quello su cui si fonda, secondo il grande pensatore francese, l'ambivalenza col materno per il neonato.  " questo latte, questo seno, che dà nutrimento, da cui dipende il neonato, è anche l'elemento su cui si fonda la dipendenza del neonato stesso e la sua sopravvivenza, il suo punto di debolezza; debolezza che si trasforma presto in ambivalenza del rapporto".  Già dal titolo dunque la poetessa sembra dirci del suo rapporto con la parola, della quale siamo tutti dipendenti,  perché ci creiamo attorno al linguaggio, ma dalla quale, inutile negarselo, tentiamo ugualmente tutti manovre, spesso poc

Su "Elegia Ambrosiana" (Collettivo K - Divergenze ed.) - recensione di Sergio Daniele Donati

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Quella che state per leggere non è una recensione, né un commento a un testo che mi ha lasciato sbalordito; nel silenzio. Anzi, del testo parlerò davvero poco. Ciò che sto per scrivere è un tentativo di sintonizzazione , come facevo da adolescente con le vecchia radio internazionale che avevo ricevuto in dono da papà, girando il manopolone finché non riuscivo a beccare qualche strana stazione di Zagabria o Kiev. Leggo sul testo di Elegia Ambrosiana (Divergenze ed) del Collettivo K che “i membri di tale collettivo, gruppo di street poetry dal 1981, affidano i loro lavori a gessetto a selciati, mura e marciapiedi, perché non lascino segni sulle superfici. […] Tutti i componenti del collettivo sono stati e voglio restare anonimi, in linea coi loro componimenti […] Nella silloge del primo collettivo di street poetry d'Italia, i versi miti e infuocati comparsi a Milano e dedicati alla città proprio come un canto, un'elegia ambrosiana […]” . Poesia collettiva? Già sento il canto

Su "Primo levi e la coscienza poetica" (Elisa Occhipinti - Divergenze ed. 2021) - recensione di Sergio Daniele Donati

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  Poi arriva, anche per il tatuato , il momento dell'elaborazione; l'attimo di stacco -per me sublime- in cui guarda il proprio sforzo espressivo, il proprio piccolo alito sull'indicibile, prendere forma, seppur claudicante, evanescente; limitata. Per un ebreo parlare di Shoah è essenzialmente parlare di pelle e viscere; e interrogarsi sul rapporto e sulla possibilità di convivenza tra Shoah e Poesia è interrogarsi su un'ulcerazione profonda. Elisa Occhipinti nel suo magnifico libro Primo Levi e la coscienza poetica ( Divergenze ed . - 2021) è capace di percorrere quei crinali con delicatezza e profondità impareggiabili. Fa bene l'autrice, ad esempio, a delineare con chiarezza il punto di divergenza tra Levi e Celan sulla possibilità di poetare dopo Auschwitz. E per me, che del libro di Elisa Occhipinti sono stato appassionato lettore, il cenno a quella questione diviene altro da una mera discettazione accademica. Per chi scrive, specie se ebreo e specie se scrive

Yehoshua - Il lettore allo specchio

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  Con Yehoshua ho sempre avuto un rapporto altalenante. Pur considerandolo uno dei grandi della letteratura ebraica e mondiale del secolo ho avuto non poche battaglie interiori con la sua scrittura.  Alcuni dei suoi romanzi li ho adorati alla follia, altri lo trovati di difficile digestione. E spesso sono proprio questi che mi hanno dato poi più da riflettere.  Yehoshua per me è come una montagna da scalare, ecco. Questa intervista diciamo che mi ha dato non pochi picchetti e corde e ramponi di comprensione e in alcuni passaggi mi ha rivelato la natura e l'origine di alcuni miei blocchi di lettore.  Così tanto che mi è venuto il desiderio di rileggere alcuni suoi romanzi. Ad esempio la sua distinzione tra monologo interiore e stream of consciousness mi ha illuminato su alcuni passaggi de L'amante. E la sua netta statuizione  "Per me l'irrazionalità è una minaccia e in letteratura mi sembra sempre una sorta di posa, di artificio", apre voragini dense di significato

Parole stentate

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Figlio mio, io vorrei trovare le parole (e non ne trovo se non di stentate) per dirti che ogni parola che leggi, ogni virgola su cui posi le tue pause, ogni punto che ti permette di staccarti dal testo, sposta galassie, allontana buchi neri, porta luce nel buio più oscuro. Vorrei trovare le parole (e ne trovo solo di stentate) per dirti che ogni istante che passi alla lettura diviene la lettura dell'Altro. Di quell'altro che è in te e di quello che ancora devi incontrare. Figlio mio, una parola scritta ha bisogno di essere letta e custodita non solo nel cuore di chi scrive. E se ti fai portatore delle parole altrui, ebbene, figlio mio, troverai le tue, quelle vere. E non sarà per imitazione, ma per osmosi, per aderenza profonda all'Umanità. E verranno i momenti in cui avrai bisogno del Silenzio, dell'assenza di parola, dello sguardo lontano e dell'ascolto della parte più profonda di te. Figlio mio vorrei trovare le parole (e ne trovo solo di stentate) per dirti ch

Robert Pirsig - Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta

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Come parlare di te Fedro? Come parlare con te? Tu, giovane, troppo giovane, filosofo della Qualità, ormai celato, nascosto, ritroso, lasci tracce del tuo passaggio. Ma sono orme di cervo in un bosco in cui fitta cade la neve. Troppo presto cancellate. E obblighi noi, fragili cercatori, ad iniziare la nostra narrazione per arrivare alla tua storia. Tu, ormai fantasma, sei l'emblema, dell'oggetto della scrittura, della narrazione. Si narra di sé per scoprire la presenza di altro in sé. Un Chautauqua, un'auto narrazione dei nativi americani, un raccontarsi interiore per arrivare a percepire la tua presenza, non più come traccia, ma come condizione del proprio essere. Tu, Fedro, ormai diluito nel mondo, elettorshockato, lobotomizzato, ormai fantasma, non puoi che implorarci di lontano, dalla tua assenza, di avere memoria del tuo passato. Ma le tue tracce sono così flebili che siamo obbligati a narrare il nostro presente per ritrovare te. Ed è uno sforzo immane, in