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Visualizzazione dei post con l'etichetta meditazione

L'altro lato della meditazione

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Prima sono i simulacri del ricordo. Disorganizzati e cristallini, si manifestano come urla leggere di bambine, nei parchi giochi.  Sembrano scatole color pastello con dentro gessetti in mille pezzi per scrivere numeri  su cui saltare ilari su un asfalto asettico.  Poi è il vento o l'acqua; e si tacita ogni memoria nel momento del ritorno al ventre di balena del respiro. Là chi medita muta  colore dell'iride e l'ossidiana trascende in diaspro, la giada in granito; la pirite in oro. Il corpo manifesta l'ossimoro d'una tensione etica e rilassata sull'asse verticale della non comprensione. E, se c'è un canto, è simile a quello d'Odisseo  prima di abbandonare Itaca non a quello della sirena. In meditazione si è a un passo dalla salvezza ma quel passo non si compie. Il giogo del qui e ora pesa sui nostri colli; e restiamo assenti alle radici, evanescenti al sorriso dei nostri stessi figli. Siamo schiavi d'un dire ebete che non accetta  il disequilibrio fer

L'attesa

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Considera delle stelle l'urlo ancestrale. Non deve esser facile, esplodere nel nulla e nel nulla tornare. Tacevo, allora, come tace la linfa sotto un'antica corteccia, il rivolo sotterraneo, il seme interrato o il raggio di luce prima che sia tolto al lume  il nero velo. Finì in quell'istante  la mia falsa modestia e compresi che altro  non stavo facendo da prima della mia stessa nascita che sognare me stesso sognante. Foto e testo-  inedito 2022 - di  Sergio Daniele Donati   ©

Deserto

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  "Deserto" -  autoritratto di Sergio Daniele Donati  © Mi dici " taci " e disconosci l'urlo del mio sterno, il fischio di poiana dei miei occhi e quella titubanza, forse ancora bambina, che rende la mia parola balbuzie sdentata. Eppure taccio; ci pensi il vento a seminare tra le rocce semi secchi di comprensione. Io mi faccio pioggia, anzi speranza di goccia, e rido a crepapelle dall'oasi senza nome  del tuo insegnamento. Foto e testo inedito (2022) di Sergio Daniele Donati  ©

La chiamata (meditazione)

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Chiudi gli occhi, non è necessario dar nome a tutto; non è necessario dar nome al Tutto. Ascolta! C'è una nenia nel tuo sterno un canto che nessuna ansia è capace di interrompere. Il primo ritmo è nel respiro - quello del cuore per ora  non lo ascoltare, sa portare anche il dolore. Ascolta! La nenia si amplifica se cominci a salmodiare, tra lingua e palato, con voce sottile, richiami di sostegno, sottovoce.  Ascolta, l'anima vegetale dei tuoi polpastrelli; uniscili tra loro, unisciti a loro. Ti parlano di radici, humus e cortecce.  Quello è il luogo ove la nenia del sostegno  ha origine.  Chiama il verde nei tuoi occhi, chiusi.  Lo senti il rampicante della speranza farsi strada tra i tuoi vasi sanguigni? Ora sì, puoi parlare alle linfe  del tuo cuore e dir loro che la solitudine è solo macchia grigia  in un universo di intrecci verdi in cui il tuo nome è benedetto, nonostante i tuoi limiti, in cui il tuo nome è benedetto dai tuoi limiti. Ascolta più a fondo,  la ne

Una piccola meditazione

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Foto di Sergio Daniele Donati Sto qui,  seduto a osservare  la dissoluzione del mio nome; ingombrante. Intanto scorrono immagini  e suoni. Portano poesia, sì, ma solo a chi sa dimenticarsi della propria esistenza per il tempo lento d'un eterno respiro. Sergio Daniele Donati - Inedito 2022 Foto di Sergio Daniele Donati

Il condannato

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E fu trovandosi legato a un palo che capì la costrizione del lampione, l'obbligo di illuminare sempre solo gli altri.  E fu trovandosi, quasi per caso, a calpestare antiche tracce che si sentì liberato da un pesante fardello.  “Non esiste altro dono da ricevere?”, andava ripetendo a se stesso, quasi fosse il più nascosto dei mantra.  “Non esiste altro dono da desiderare?” Rimaneva intanto in ombra, come l'asta del palo, l'anima sua. E quei fucili che prendevano la mira lentamente, mirando al suo cuore, furono proprio loro a spingerlo a pronunciare la parola, unica, irritrattabile, definitiva.  Alzò lo sguardo, lo posò su ognuna di quelle cinque grigie, opache, canne di fucile.  Lo posò negli occhi di ognuno dei cinque fieri fucilieri.  Fu uno sguardo unico o cinque, o forse dieci sguardi distinti? Certamente unica in quell'istante fu la parola che loro indirizzò.  Unica, potente, univoca e definitiva. “ANGELI”, disse. I fucili si abbassarono, i fucilieri pers

Meditazione in montagna di notte

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Montagne in movimento,  specchi di notte.  Corpo attento,  mente pacata.  Voce sopita,  bisbigli e mormorii.  Origini al futuro connesse,  fili di lino.  Certo del mio maestro,  stabilità e carezza.  Silenzio, spettacolo,  felice solitudine  Presenze diafane,  volti d'angelo, volo planato.  Sguardo profondo. Io, parte del tutto,  immenso silente.  Voci dei boschi  amiche; richiamo al mio canto.  Spazio aperto,  brezza dopo la tempesta.  Respiro unico,  multiforme, felice.  Suono del silenzio,  nenia antica.  Medito ad occhi aperti. Sono dove sono, dove sono già stato

Nella penombra

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Per paura dello sciopero e di far tardi, sono arrivato tre quarti d'ora in anticipo nel luogo dove tengo i miei corsi di meditazione.  Tutto è silenzio e buio. Non mi va di accendere le luci, non ancora. Chiudo gli occhi e, per un istante, cerco di fare entrare il silenzio e la penombra nelle ultime tracce di questa mia caotica giornata.  Un senso tutto questo affanno lo avrà?  Un senso, magari sottile, delicato, sfuggente, deve averlo questo mio desiderio di non lasciar morire la voce del mio maestro, di passare ad altri il testimone che fu passato a me.  E ho bisogno di Silenzio anche solo per porre la domanda a me stesso, per non permettere al bimbo piccolino e pigro che mi abita di accontentarsi di risposte preconfezionate e stantie. Perché insegno? Che cosa insegno ogni giovedì e nei miei seminari? Quali voci mi abitano quando parlo ai miei allievi? Quali semi cerco di seminare nel loro più che fertile terreno?  Oh sì, potrei dirvi del piacere del pass

Piedi umidi

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Foto di Logan Zillmer Hai ragione. Non ho nulla in più di te perché medito. Meditare non fa di me un superuomo. Anche io tengo i piedi nell'umido e la foschia mi chiude spesso i sensi. E sto, come te, immobile ad attendere chissà cosa per iniziare a vivere. Hai ragione meditare non mi dà nulla che tu non abbia già dichiarato di aver ottenuto per altre vie. E se anche tu vedi quella porta dietro la foschia, davvero non c'è nulla, se non il cammino prescelto, che ci differenzi. Hai ragione a rimarcarlo, sono una piccola persona che ha ricevuto un solo insegnamento ed una sola colonna dorsale per stare eretto. Una persona piccola che meditando ha percorso felice i suoi centimetri verso quella porta che tu puoi raggiungere con un solo balzo, a quanto mi dici. Eppure è meditando che ho capito che la mia banalità, piccolezza umana, limite è un valore, è il campo da arare per poter fare altri centimetri, camminando nell'umido. Hai ragione dunque a definirmi piccolo, a rima

Il centro e la pratica marziale interiore

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"Cerca il centro", disse il mio maestro. "La tecnica non può funzionare se non mantieni il contatto col tuo baricentro". Poi mi chiese: "Ok l'hai perso, cosa fai per ritrovarlo?". "Appoggio lo sguardo sulla linea dell'orizzonte", risposi meccanicamente; una lezione imparata a memoria. "No", disse indurito, "Lo sguardo viene dopo, molto dopo".  "Sensei, io non lo so", risposi. Non parlò più e se ne andò a correggere qualche altro allievo. La sera, come sempre, un grande parlare tra noi allievi, qualche bicchiere di vino e un grande amichevole casino. "Cos'hai?", mi disse lei, "sembri assente". Era una delle allieve più anziane del mio maestro. Bassa, fortemente in sovrappeso, con uno strano accento della Francia centrale. Quando però saliva sul tatami restavamo tutti estasiati. Sembrava danzare al ritmo della sua spada di legno, tracciando con la sua punta linee che sembravano pennel

Io non imiterò mai i tuoi lemmi

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Io non imiterò mai i tuoi lemmi. Li lascerò scendere su un prato di silenzio, ciglia sottili verdi, tenui foglie, filtri di timidi barlumi di coscienza. Io non imiterò mai i tuoi lemmi, né svelerò al mondo avaro le loro fragili radici Piccoli passi di infante in un bosco antico, io non imiterò mai i tuoi lemmi. Mi accuccerò per terra, legato a nodo doppio al loro suono. E sarà un tiro alla corda sublime tra il desiderio di dirsi liberi e quello di dirsi vinti.

Il solito poeta

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Nottata di sogni densi di significato e sonno finalmente profondo e ristoratore. Al mattino molto presto il terrazzo è un luogo fatato, silenzioso e calmo. Il cielo commuovente. Sembra invitare a guardare lontano, sia nel presente che nel passato, con morbidezza e soprattutto con speranza.  E poi lui, il seme, il primo seme ti guarda, timido, coperto dalle foglie delle belle di notte che, dopo aver diffuso colori e profumo sotto alle stelle, si cominciano a chiudere stanche. La bellezza stanca, va protetta. Il primo seme di quest'anno da me colto. E forse il primo cielo di quest'anno da me guardato in questo modo. Accogliere le primizie come un dono è uno dei più ricchi insegnamenti dell'ebraismo. Ad ogni primizia, ad ogni frutto assaggiato, ogni cosa colta per la prima volta nell'anno si dedica una particolare preghiera: Benedetto sia tu nostro signore che ci hai mantenuto, conservato, portato fino a questo tempo. E anche se recitata singolarmente que

Faresti meglio ad arrenderti, figlio

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Come spiegarti i mille movimenti a spirale che l'artista marziale deve saper compiere per sperare di governare il proprio mondo interiore, figlio mio? Ci sono insegnamenti che io ho ricevuto troppo presto. Altri li ho lasciati sedimentare troppo a lungo. Altri, infine, li ho coperti di un silenzio senza fine, perché potessero parlare da soli, per sé e di sé. E non so più nemmeno di cosa parlarti se non di ciò che sono stato e sono. Lo faccio ora, sapendo che, forse, mi leggerai tra anni. Faresti meglio a arrenderti, figlio mio, alla Vita che avanza dentro di te. Anche quando sentirai che ti strappa via le viscere e modifica i tuoi sorrisi interiori. Resistere alla Vita è come combattere l'oceano in piena, armati solo di un fuscello ancora verde. Se invece imparerai a seguirne i ritmi, i silenzi come gli urli improvvisi, la Vita come uno tsunami in piena ti innalzerà come ancora non pensi sia possibile. Faresti meglio a arrenderti, figlio mio, al giusto timore che l