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Visualizzazione dei post con l'etichetta intuizioni

Obliquo

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Foto di Noelle Oswald Obliquo pensiero, forma e vuoto. Pensiero eterno, stasi e moto. Io infrango, estendo,  affino l'udito,  stanco. L'anima s'accuccia sotto ali  di gabbiano. Che mi portino lontano! (Che mi portino lontano!)

Io non imiterò mai i tuoi lemmi

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Io non imiterò mai i tuoi lemmi. Li lascerò scendere su un prato di silenzio, ciglia sottili verdi, tenui foglie, filtri di timidi barlumi di coscienza. Io non imiterò mai i tuoi lemmi, né svelerò al mondo avaro le loro fragili radici Piccoli passi di infante in un bosco antico, io non imiterò mai i tuoi lemmi. Mi accuccerò per terra, legato a nodo doppio al loro suono. E sarà un tiro alla corda sublime tra il desiderio di dirsi liberi e quello di dirsi vinti.

Strange fruit

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Scrivere racconti accompagnandosi a degli standard jazz è un'impresa titanica. Uno sforzo disumano che ti strappa gli occhi dalle orbite. Bisogna saper armonizzare le parole con la musica, diminuire di mezzo tono, almeno, il suono dello scritto, perché non si sovrapponga al testo del brano, aggiungere i contenuti del racconto poco alla volta perché seguano vie sottili e non rompano l'armonia musicale ma la rafforzino. Tessiture da alchimisti, da chi si diletta a immaginare che battere sulla tastiera del computer sia come suonare il pianoforte. Viola questo lo sapeva bene. Ne aveva già scritti più di trenta. Si accese una sigaretta. Fumare affacciati alla finestra, nell'afa notturna di un luglio milanese ti porta veloce verso atmosfere jazz. “Forse ho sbagliato”, pensò, “dovrei chiamarlo”. Chiuse immediatamente gli occhi. Lo faceva sempre quando voleva scacciare una sensazione sgradevole. Spense la sigaretta mentre la Simone lasciava cadere lenta come un foglia mo

Il sogno

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Non parlano più. Non pensano più. Chiudono gli occhi, le loro palpebre come serrande sulle ansie della vita, sulla povertà delle loro esistenze. Un vetro rotto sullo sfondo diviene finestra sul creato. Lo senti anche tu il lento passo del Sogno, del nostro Sogno, avanzare, ignaro, o forse indifferente ai cocci di vetro che calpesta per terra? Sorridono, sapendo che un attimo di sospensione può spostare intere galassie. Lo sanno nonostante la povertà dei loro strumenti, forse a causa di quella stessa povertà. E a me, che osservo quella docile mano su una robusta spalla, corre un brivido lungo la colonna vertebrale. Taccio e faccio il tifo per loro, che hanno mantenuto viva la loro fede, nonostante tutto, nonostante i calli sulle mani e le ferite nel cuore. E guardandoli so perché scrivo. Lo faccio per chiudere gli occhi anch'io e rinnovare ancora una volta lo stesso loro patto, nonostante tutto. Si scrive per chiudere gli occhi e vedere meglio o, forse, per cominciare a

La quercia

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Ferma.  Roccia del deserto,  opaca.  Immobile presenza  millenaria, solitaria.  Indifferente al dubbio,  solletico per la corteccia,  attenta ai messaggi del vento,  Ascolti.  Ponte tra l'indicibile e il firmamento,  eretta avanti la mia scelta.  Silente, in un mondo senza Verbo.  Torre d'ossidiana, memore della lava.  Io, canna al vento,  stanca guardia senza sguardo  sulla mia scelta afona.

Faresti meglio ad arrenderti, figlio

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Come spiegarti i mille movimenti a spirale che l'artista marziale deve saper compiere per sperare di governare il proprio mondo interiore, figlio mio? Ci sono insegnamenti che io ho ricevuto troppo presto. Altri li ho lasciati sedimentare troppo a lungo. Altri, infine, li ho coperti di un silenzio senza fine, perché potessero parlare da soli, per sé e di sé. E non so più nemmeno di cosa parlarti se non di ciò che sono stato e sono. Lo faccio ora, sapendo che, forse, mi leggerai tra anni. Faresti meglio a arrenderti, figlio mio, alla Vita che avanza dentro di te. Anche quando sentirai che ti strappa via le viscere e modifica i tuoi sorrisi interiori. Resistere alla Vita è come combattere l'oceano in piena, armati solo di un fuscello ancora verde. Se invece imparerai a seguirne i ritmi, i silenzi come gli urli improvvisi, la Vita come uno tsunami in piena ti innalzerà come ancora non pensi sia possibile. Faresti meglio a arrenderti, figlio mio, al giusto timore che l

Corda di violino

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Ho danzato sul filo di lino i miei canti, i più antichi. Eri là, più lontana, più lontana, mai assente. Corda di violino, il primo passo, le mani incerte, lo sguardo venato di stanchezza. Eri là, più lontana, più lontana, celata, ferita. Fragile linea, screziatura di tramonto, tra l'abisso, indicibile, e il firmamento, troppo detto. Eri là, più lontana, più lontana, più vicina, anima mia.