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Uno zero

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  Lionello Balestrieri - Beethoven, 1900 Oggi apro un cassetto, e non so perché il ricordo del tuo nome - quello vero - produce balzi nei miei tempi. Li vorrei lenti,  ma saltellano come fiammelle attorno a un suono barbaro  e vuoto. Il tuo farti ombra ha messo a fuoco un nome vacuo - è cosa chiara. Ti sei resa impronunciabile e, per imitatio dei , lo sai, di te parlano nel bisbiglio. Non io, che resto fedele a una promessa: “né un più, né un meno”, dicevi, “ma uno zero”. Così è stato e così sarà; è il saldo del mio debito. Lo pago, con animo leggero. Le convenzioni matematiche,  però, non le decido io; Sergio è piccola cosa, anche di fronte al nulla - soprattutto di fronte al nulla. Gli zeri, lo si voglia o meno, formano le migliaia e poi i milioni, quando seguono una solitudine. Beethoven Violin Sonata No.9, Op.47 'Kreutzer' (esec. Oistrakh/Oborin )

La costruzione del Silenzio (Testamento dello Scrittore)

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                                                                                                    Sono lampi le idee, tuoni i pensieri. Accendono, imprevisti, serrature antiche.  La chiave di ferro, vibrazione e clamore, s'attarda nella mano.  Perché è a tentoni, nella penombra della lingua, che le idee e i pensieri aprono porte a lungo rimaste chiuse.  E, prima di scrivere, spengo lampi, zittisco tuoni.  Perché sia un gesto antico a guidare le mie intenzioni.  C'è una chiave per ogni serratura, un suono magico, per ogni combinazione, un colore per ogni stagione.  Li compongo in un unico quadro, in unico quadro.  Strumenti diversi per la stessa via.  Accendo e spengo l'interruttore della verità.  Il Silenzio che prepara la parola, la modella ancora prima della sua confezione.  Le dà spinta e trattenuta, ne smussa gli angoli più pericolosi, e, poi la lancia, lontano, lontano, dove il mare poggia lo sguardo sull'imprevisto.  Non credo che ques

Silvestre

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Ispirato a  Ludwig van Beethoven -  Piano Concerto No.3 in c-moll, Op.37 - II. Largo Goccia, e poi goccia,  nota con nota,  passo su passo,  intoniamo leggeri  i nostri verdi canti silvani.  E ci attarda la sera,  tra fuochi diafani,  un gioco antico tra i Volti  di un Dio ironico  che mai si sottrae al nostro incontro  dal passato del suo cielo, stellato.  E se, di lontano, l'assiolo  lancia i suoi monotòni,  rispondiamo ilari  col suono dei nostri flauti.  Poi giunge l'ora  che mai ci spaura.  E chiudiamo gli occhi,  e seminiamo nel silenzio  di muschi e ghiande e fronde antiche  la poesia lontana  del nostro comune sogno.  E ride lieto il nostro Dio  dal futuro del suo firmamento.  Posa la sua mano senza tempo  sulle nuche fertili dei nostri figli.  E sigilla nel presente  il patto che da sempre  fa confluire i tre fiumi del Tempo  nello stesso mare.