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Resh

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  Foto di Sergio Daniele Donati Arriva ventesima una lettera fatta di resine e cortecce, le cui radici di fuoco rendono braci vitali i segni della decomposizione. Ti china la schiena, in ossequio allo sguardo, che lento si fa ampio e percepisce l'immensità d'un orizzonte in continuo movimento. Ogni principio vitale  dimora nell'etica della trasmissione e ogni inizio contempla un sigillo, poco più là; a permettere un nuovo ciclo. Arriva ventesima quella lettera perché solo chi ha conosciuto  la fallacia dei richiami degli altari e sconfessato idoli e maschere di cera trova in quell'orizzonte lontano i primi segni della diluizione  del suo nome nel coro delle voci delle stelle. È una lettera che si bisbiglia di notte perché il principio del sogno ci raddrizzi al mattino la schiena, sull'asse etico di una mano che, aprendosi, mostra il palmo.

Resh (in tre versi)

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  La Quercia - di Sergio Daniele Donati Sono sacre le cortecce del principio del ritorno, del ricordo del futuro.

Resh, Shin, Tav

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Resh ר  Sotto il patibolo della  parola sdentata,  Maestro,  pure io ho seppellito la mia Leah.  Sotto terra, il primo  suono, color fuoco,  in lingua nuova  è grido  di rinascita  per chi resta solo  Shin ש  E non c'è pace,  Maestro, se non si abbassa la palpebra tra il falso e il vero. Sui tre rami dell'albero foglie e luce. Dalla terra nera la radice,  cieca, ricava nutrimento.  Tav ת  Dammi la mano,  Maestro.  Ho paura.  L'accesso al monte è interdetto  e ogni ciclo si conclude  nel Silenzio.